“Questa Messa è per i più di 6.000 morti alla sola frontiera di Nogales, 11 milioni di persone senza documenti in attesa di futuro, 30.000 bambini senza genitori che fuggono. Nel deserto qui vicino sono stati trovati più di 400 cadaveri di persone che volevano passare di qua…” Sono le dure parole pronunciate dal card. Sean Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston durante la Messa. Il cardinale, insieme ad altri 8 vescovi, ha camminato e pregato martedì sera nel deserto di Nogales, in Arizona, ricordando migliaia di emigranti centroamericani morti durante il loro "viaggio doloroso" nel tentativo di raggiungere gli Stati Uniti. "Non li abbiamo dimenticati" ha detto il cardinale dopo aver percorso la linea di confine che separa l’Arizona dal Messico.
Secondo le informazioni pervenute all’agenzia Fides, alla fine della marcia di preghiera, il vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di Seattle, mons. Eusebio L. Elizondo Almaguer, che è anche il presidente della Commissione per i migranti della Conferenza episcopale degli Usa, ha affermato che "la frontiera fra Stati Uniti e Messico è la nostra Lampedusa; gli emigranti tentano di attraversarla in questo punto, ma spesso muoiono nel tentativo di farlo".
All’inizio della celebrazione eucaristica ha preso la parola il vescovo di Tucson, mons. Gerald Frederick Kicanas, che ha detto: "Siamo una stessa cosa, sia a Nogales del Messico che a Nogales dell’Arizona" alludendo al fatto che la cittadina di Nogales è attraversata dalla frontiera tra i due Stati, che di fatto la divide in due. L’omelia del card. O’Malley ha ridato un po’ di serenità alla gente che partecipava alla Messa quando ha citato l’impegno di diffondere il Vangelo di un noto attore comico messicano, quindi ha evidenziato che nel dna degli Stati Uniti è scritto che si tratta di una nazione di migranti, e ha ricordato che le esperienze degli antenati provenienti dall’Irlanda, i cui sacrifici, come quelli di tanti altri immigrati, "sono stati il segreto del successo degli Stati Uniti".
Anne Schneible ha intervistato lo stesso mons. Gerald Kicanas, vescovo di Tucson Arizona:
R. – It’s been quite inspiring...
E’ stato qualcosa che ha infuso coraggio qui in Arizona. Di solito abbiamo una brutta
reputazione per quanto riguarda il nostro atteggiamento verso gli immigrati. Recentemente,
infatti, in tre aree dello Stato, uomini d’affari, insegnanti, leader religiosi, leader
della società civile si sono riuniti per riflettere sul fatto che ci sia un bisogno
disperato di riforme nella politica dell’immigrazione. E se riuscissimo ad avere un’esauriente
riforma nella politica dell’immigrazione, negli Stati Uniti, allora potremmo rivolgere
i nostri sforzi a quello che veramente preoccupa lungo la frontiera: cose come il
traffico di esseri umani, come il traffico di armi, il traffico di droga. Ci sono
tante attività criminali lungo la frontiera. E se riuscissimo a fare una distinzione,
nell’ambito di un’esauriente riforma della politica immigratoria, del migrante economico,
semplicemente si arriverebbe a trovare un migliore stile di vita per fare il lavoro
di cui c’è bisogno nel nostro Paese. Non essendoci nessuna intenzione criminale, se
ci fossero delle vie legali per le persone di trovare il lavoro di cui c’è bisogno
qui negli Stati Uniti e per uscire dall’ombra, in modo che possano davvero contribuire
alle nostre società come vogliono, allora potremmo dirigere i nostri sforzi ed applicarci
alla lotta degli elementi criminali, che si trovano lungo la frontiera e che devono
essere affrontati.
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