2014-05-30 11:41:00

Le teologhe italiane: le descrive una ricerca sociologica


Le teologhe in Italia esistono e vogliono contare di più: è ciò che emerge dall’ indagine condotta dalla sociologa Carmelina Chiara Canta, docente dell’Università Roma Tre, dove dirige il Laboratorio sul “Pluralismo culturale”. La ricerca prende in esame le risposte a un complesso questionario fornite da 181 su un totale di 335 teologhe esistenti in Italia. Nel volume pubblicato dall’editore Franco Angeli e presentato oggi (27 maggio) presso l’Ateneo romano, compaiono analisi teoriche ma anche numeri, tabelle e grafici che intendono mettere in luce figure non sempre riconosciute e valorizzate. Da qui il titolo: “Le pietre scartate”. Adriana Masotti ha intervistato la stessa prof.ssa Canta:

R. - Premetto che questa è una ricerca sociologica che è durata 3 anni: il primo anno è passato solo per vedere quante teologhe ci sono in Italia. Queste teologhe vivono in tutto il Paese, ma sono concentrate prevalentemente al Centro. L’età prevalente è quella tra i 46 e i 65 anni, ma le giovani - nell’età compresa tra 23 e 45 anni - sono il 35%.

D. - Allora perché questo scarso rilievo dato alle studiose di teologia, tale da giustificare un titolo come: “Le pietre scartate”?

R. - “Le pietre scartate” perché il questionario, che è composto di 59 domande - molte delle quali sono aperte e altre sono a risposta multipla, quindi centinaia di risposte - coinvolgono molti aspetti di come le teologhe vivono questa loro identità all’interno della Chiesa, degli ostacoli che incontrano anche all’interno della società, nelle Università pontificie ecc... Quindi emerge una certa difficoltà, dei pregiudizi, sono un po’ messe da parte. Quindi, in questa nostra società che, come dice Bauman, contempla molte vite di scarto, anche le teologhe si possono considerare in questo senso. Però io mi riferisco, nel titolo, anche al Vangelo, ai Salmi dove le pietre di scarto diventano poi pietre angolari.

D. - C’è, forse, ancora la mentalità che solo un sacerdote possa studiare e parlare di Dio, che comunque essere teologi sia appannaggio - diciamo - di chi abbraccia la vita sacerdotale…

R. - Sì, sì, indubbiamente. Questo emerge in maniera chiara in tutto quel gruppo di domande che interessano l’attività scientifica e didattica delle teologhe, do si vede che sono poste in secondo piano rispetto ai sacerdoti.

D. - Può dirci qualche cosa su come le teologhe sentono il fatto che non sia ammesso per le donne il sacerdozio?

R. - Non è il tema centrale della ricerca, né delle teologhe, né delle credenti. Però, è un tema che esiste: l’area delle perplesse, della perplessità diciamo, è un’area abbastanza ampia rispetto alle precedenti ricerche. Però, il 23% è d’accordo sul sacerdozio femminile e il 13% è molto d’accordo.

D. - Perché dovrebbe o sarebbe meglio che il pensiero, lo studio di queste donne, venisse più alla luce?

R. - Diciamo che il 50% del questionario presenta domande che proiettano il ruolo delle donne nel futuro e diciamo anche che queste teologhe sono molto attive e ottimiste nei confronti del futuro: vogliono dare il loro contributo come teologhe e come donne nella Chiesa. La loro formazione è di livello molto alto, molto alto. Esistono, esistono dal ’65 in poi, da quando le donne hanno avuto la possibilità di iscriversi ai corsi di teologia nelle Università pontificie in Italia.








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