2014-06-10 13:33:00

Semi di pace: riflessione di Gattegna, Houshmand, Impagliazzo


A due giorni dallo storico incontro di preghiera nei Giardini Vaticani si susseguono, a livello internazionale, le analisi e i commenti sul significato e il valore dell’iniziativa di Papa Francesco per la pace in Medio Oriente. Nel servizio di Alessandro Gisotti, la riflessione di tre personalità di fedi diverse impegnate nel dialogo: Renzo Gattegna, Shahrzad Houshmand e Marco Impagliazzo:

“L’unità prevale sul conflitto, il tempo è superiore allo spazio”. Nell’invocazione di pace di domenica scorsa, si è potuto toccare con mano cosa intenda Papa Francesco con questi principi enunciati nell’Evangelii Gaudium. Il tempo di Dio, il suo orizzonte, è superiore allo spazio limitato degli uomini; l’unità tra fratelli prevale sul conflitto di vedute e interessi. E’ come se allora, per alcune ore, i Giardini Vaticani si siano trasformati in un nuovo Giardino dell’Eden: una sola umanità di figli che invoca un unico Padre. Certo, nessuno – a partire dai protagonisti – si aspetta che d’improvviso cessi il fragore delle armi in Medio Oriente, ma quell’albero d’ulivo piantato all’ombra della Cupola petrina non è solo un’immagine per le prime pagine dei giornali. La riflessione di Shahrzad Houshmand, teologa musulmana iraniana:

R. – E’ stato realmente piantato insieme un albero di ulivo, che anche per il Corano è sacro. È successo un fatto reale e adesso tocca a noi custodire ed innaffiare quest’albero. Proprio la mattina di domenica, il Papa diceva che la Chiesa deve suscitare stupore e sicuramente questo evento ha suscitato grandissimo stupore, non solo nella Chiesa cattolica ma anche nel mondo islamico, dove guardano con stupore e ammirazione il coraggio di Papa Francesco: essere un abbraccio verso tutti. La Chiesa ha fatto un annuncio evangelico di grande ammirazione, un annuncio evangelico che accoglie, fa leggere i testi sacri delle altre religioni dentro il suo spazio chiuso e “particolarmente” cattolico, senza paura. La Chiesa ha fatto vedere che abbraccia come una madre i suoi diversi figli e anche i diversi figli di altre fedi.

D. – C’è una parola di Papa Francesco che l’ha particolarmente colpita?

R. – Papa Francesco ha detto una cosa meravigliosa nel suo discorso finale. Ha detto che abbiamo sentito una chiamata e dobbiamo rispondere. La chiamata a spezzare la spirale dell’odio e della violenza, spezzarla con una sola parola. E qual è questa parola? Uno si aspetterebbe che il Papa dicesse pace ed invece dice una parola chiave che spezza veramente ogni violenza e ogni odio: questa parola fondamentale è fratello, è riconoscersi figli di un unico Padre. Questo messaggio è così trasparente, così autentico: la forza di spezzare la violenza. Sicuramente non possiamo aspettarci che tra oggi e domani le guerre nel mondo, nel Medio Oriente si calmino e lascino da parte le armi, però è sicuramente un invito a convertirsi alla pace, alla profondità del messaggio religioso di ogni religione, perché in tutte le religioni c’è la parola fratello.

All’incontro in Vaticano era presente Renzo Gattegna, il presidente dell’Ucei, l’Unione delle Comunità ebraiche italiane che si sofferma sulla straordinaria consonanza vissuta nell’invocazione di pace:

R. – Questo incontro in Vaticano è stato molto particolare ed emotivamente molto forte. Particolare perché, nonostante la presenza di due presidenti – Shimon Peres ed Abu Mazen – non è stato un incontro politico. È stato prevalente proprio il carattere religioso, è stato proprio dominante il carattere religioso dell’incontro. Quello che mi ha colpito è stato il fatto che, nonostante le tradizioni diverse, le lingue diverse, alla fine i concetti che venivano espressi erano molto simili, sia che fossero detti in arabo, in ebraico, in italiano che in inglese. Emergeva chiaramente questo desiderio di pace.

D. – In qualche modo questo evento, circoscritto nello spazio e nel tempo, ha dato però quasi un’immagine di come potrebbe essere una terra in pace e riconciliata...

R. – Sì, perché il Dio è unico ed è stato espressamente detto da tutti. Sono tre religioni che credono nello stesso Dio e che discendono tutte da Abramo, sono tre religioni abramitiche. Può essere, in piccolo, una specie di laboratorio dove la convivenza si è vista messa in pratica con il rispetto reciproco. La convivenza stessa dovrebbe essere possibile, senza voler prevaricare, convertire, senza forzature né violenza.

L’incontro di preghiera del Papa con il Patriarca Bartolomeo, i presidenti Peres e Abbas è anche il segno che la fede attinge a una riserva di energie e di visione che la politica non ha. Il commento del presidente della Comunità di Sant’Egidio, Marco Impagliazzo, al microfono di Fabio Colagrande:

R. – Che si sia fatto ricorso alla preghiera, come tentativo di sbloccare una situazione che da più di 60 anni è incancrenita in Terra Santa e Medio Oriente è, come ci ha detto il Papa, un tentativo coraggioso di rovesciare in un certo senso il tavolo, laddove politica e diplomazia non hanno saputo ancora trovare una soluzione, per chiedere l’aiuto all’Onnipotente. E’ molto, molto significativo che lo spirito di Assisi, lanciato da Giovanni Paolo II nell’86 – le religioni che pregano insieme per la pace – sia oggi veramente il ricorso più importante che si può fare per sbloccare questa situazione.

D. – La politica per un giorno ha lasciato il campo alle religioni. Cosa significa questo?

R. – Significa innanzitutto riconoscere che gli uomini e le donne di religione hanno un loro ruolo, primo perché pregano e secondo anche perché creano dei nuovi legami. Quello che è accaduto è anche un momento di grande amicizia. Abbiamo tutti visto le immagini: l’abbraccio di Papa Francesco sulla porta di Casa Santa Marta, che accoglieva i suoi ospiti; il fatto di essersi abbracciati alla fine, di aver chiacchierato sul pullman, di aver piantato assieme un ulivo… Gli uomini e le donne di religione possono portare nel mondo quell’amicizia, che spinge verso il dialogo e che domani - se fatto con coraggio - porterà alla pace.








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