2014-06-16 17:04:00

Rom e Sinti: più coraggio per superare i ghetti


"E' stato importante incontrare rappresentanti di 25 paesi dove la pastorale di Rom e Sinti è ormai strutturata. Giovani vescovi che hanno compreso l'urgenza di questa pastorale e soprattutto consacrati appartenenti all'etnia gitana". Così, Carla Osella, presidente dell'Associazione italiana zingari oggi Onlus (Aizo), commenta il recente Incontro mondiale sulla pastorale degli zingari, organizzato dal Pontificio Consiglio per i migranti, in Vaticano. "Papa Francesco ha giustamente denunciato l'assenza di aiuti per l'integrazione e la promozione dei cosiddetti zingari. In Italia - spiega la Osella - ci sono 350 campi autorizzati, ma la maggior parte sembrano delle baraccopoli. Situazione che rende difficile l'inserimento scolastico e lavorativo. La situazione economica delle famiglie spinge spesso i bambini all'accattonaggio".

"Rom e Sinti - spiega ancora Carla Osella - fanno molta fatica ad integrarsi perché c'è discriminazione anche da parte di noi cristiani, la Chiesa dovrebbe essere più coraggiosa. Basterebbe che, sul territorio, ogni parrocchia cominciasse ad accogliere qualche famiglia, evangelizzazione e promozione umana vanno infatti di pari passo". "Per me - spiega la presidente dell'Aizo - la soluzione per i problemi del popolo Rom e Sinti è in una sola parola: Gesù Cristo. Conosco persone di questa etnia che accogliendo Gesù nella loro vita sono cambiate e mantenendo la propria identità etnica hanno abbandonato l'illegalità".

"Purtroppo - spiega infine la Osella - Rom e Sinti faticano ancora a riconoscere i doveri, e non solo i diritti, che spettano loro come cittadini perché sono sempre stati emarginati dalla società. Molti di loro vorrebbero cambiare e portare il loro contributo al bene comune, per esempio come giostrai e circensi. Serve il coraggio di condividere la loro vita".

Intanto a Roma, il rapporto 'Campi Nomadi S.p.a.', curato dall'Associazione 21 luglio, dimostra che nel 2013 il Comune ha speso 24 milioni di euro per gestire il 'sistema campi', senza apportate alcun beneficio in termini di inclusione alla comunità Rom. "Si tratta, come abbiamo accertato, di soldi spesi non per queste popolazioni ma solo per tutto l'indotto che si muove attorno al sistema campi", spiega Carlo Stasolla, presidente dell'Associazione 21 luglio. "Soldi non destinati all'inclusione, ma alla segregazione e all'allontanamento. Un approccio securitario e, per noi, poco trasparente che è rimasto nel passaggio dalla giunta Alemanno a quella Marino".

"Dal '94 il Comune di Roma ha deciso che i Rom sono 'nomadi' - spiega Stasolla - e lo spazio destinato a loro deve essere un campo bisognoso di servizi. Questa politica assistenzialistica crea un indotto e dà vita a un'azienda che coinvolge 400 persone e ha un fatturato di più di 24 milioni di euro ma produce discriminazione". "Esistono, in Italia e all'estero, - spiega Stasolla - una serie di buone pratiche che consentirebbero il superamento dei campi e diminuirebbero di 15 volte la spesa di denaro pubblico. Discriminare costa infatti di più che includere".

"Noi condanniamo gli episodi di violenza e criminalità che a Roma vedono protagonisti negativi Rom e Sinti", aggiunge Stasolla. "Ma non possiamo dimenticare che ciò che produce il sistema campi è il ghetto. E quindi tutto ciò che avviene nel ghetto genera devianza e delinquenza. L'unica soluzione è la chiusura dei campi, luoghi della illegalità istituzionale, cioè luoghi dove le stesse istituzioni non mantengono le regole del gioco".

"In Spagna, per esempio, ci sono 800mila Rom, contro i 40mila che vivono nei campi in Italia, eppure non esistono campi istituzionali. In Spagna i Rom siedono in Parlamento, svolgono la professione di notai, avvocati, docenti universitari. Ciò dimostra che dipende dalle opportunità che vengono date alle persone". "In Italia ci sono 180mila Rom e di questi solo 40mila vivono nei campi", conclude Stasolla. "Quindi quattro quinti vivono in casa, ma nessuno sa chi sono e dove sono. Questo perché purtroppo per i Rom integrati c'è la necessità di nascondere se stessi e la propria origine, per non essere discriminati e rischiare di perdere il lavoro o la casa". 








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