2014-06-19 13:12:00

Iraq: attentato a Baghdad. I miliziani islamici dell'Isis sul piede di guerra


Tensione altissima in Iraq, dove il gruppo armato fondamentalista Isis, il Partito islamico dell’Iraq e del Levante, sta puntando decisamente sulla capitale Baghdad. E proprio oggi, due poliziotti sono rimasti uccisi e due feriti nell'esplosione di un'autobomba in un quartiere sciita della città. Di fronte alle richieste che arrivano da Baghdad di raid aerei americani per fermare l'avanzata dei miliziani sunniti, l'amministrazione Obama – secondo la stampa statunitense – preferirebbe l’insediamento di un nuovo governo iracheno di unità nazionale. Ma quali gli obiettivi dell’Isis, che in questo momento sembra stia combattendo contro tutto e contro tutti? Giancarlo La Vella ne ha parlato con Andrea Plebani, ricercatore dell’Ispi e docente di Storia delle civiltà e delle culture politiche all’Università Cattolica:

R. – Si trova a combattere contro tutti, perché di fatto in Siria l’Isis combatte formalmente parte dell’insurrezione che si oppone a Bashar al-Assad. Però, ha anche intensificato la propria contrapposizione con le altre formazioni dell’insurrezione siriana e addirittura con la cellula di al Qaeda presente in loco. C’è stata una frattura molto forte: al Qaeda ha espulso lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante dalla galassia qaedista. In Iraq, invece, deve far fronte alle forze lealiste vicine al premier al Maliki e deve far fronte potenzialmente ai peshmerga, i guerrieri, le forze di sicurezza curde, situate a nord, e che sono indicate come molto più capaci rispetto alle forze di sicurezza irachene. Ma deve far fronte anche in prospettiva a una forte frammentazione del fronte insurrezionale del nordovest iracheno, perché seppure ora stia collaborando con altri gruppi, gli obiettivi di medio e lungo periodo di queste formazioni sono profondamente diversi.

D. – Quale può essere ora l’obiettivo della comunità internazionale di fronte a un gruppo che sta distruggendo anche la cultura e la tradizione irachena?

R. – La comunità internazionale deve intervenire non solo contro lo Stato islamico dell’Iraq e della Siria, ma anche a favore dell’Iraq, a favore di uno Stato che, comunque, esiste da oltre 90 anni, uno Stato che ha dimostrato di poter esistere e di poter favorire la convivenza fra le sue diverse comunità. Uno Stato che, però, deve essere radicalmente rinnovato rispetto a quello che abbiamo visto sorgere dopo il 2003 e anche, ovviamente, rispetto a quello antecedente al 2003: uno Stato fondato su basi comuni, con un’identità che deve essere ricostruita, con delle dinamiche che devono essere ridiscusse e ridefinite, perché quello che abbiamo visto dal 2003 in avanti è, in realtà un esperimento, se non fallito, quantomeno con fortissime crepe. E’ necessario, quindi, pensare all’Iraq su base nazionale, non più su base etno-settaria e ridefinire completamente le dinamiche locali.








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