2014-06-19 10:22:00

P. Marchesini riceve dall'Onu il World Population Award


Un missionario dehoniano, il 12 giugno a New York, è stato insignito dall’Onu con il prestigioso riconoscimento del “World Population Award”. Padre Aldo Marchesini, 72 anni, bolognese, impegnato negli ospedali del Mozambico dal 1970, ha ricevuto l’importante premio per il suo impegno in campo sanitario in uno dei Paesi più poveri del mondo. Le sue parole nel servizio di Luca Tentori:

Una vita missionaria a tutto campo, quella di padre Aldo Marchesini, che in 40 di apostolato in Africa ha affrontato anche un rapimento e diverse carcerazioni. Ma il suo contributo maggiore, sulle vie del Vangelo, è stato quello offerto alle donne povere di quelle terre, segnate spesso da problemi legati a parti difficili. E per questo l’Onu gli ha riconosciuto il “World Population Award”, istituito nel 1981, per premiare persone e organizzazioni che si sono distinti nel migliorare la salute della popolazione mondiale:

“Mi sono dedicato a trattare i malati, specialmente quelli di tipo chirurgico, e poi a insegnare ai giovani medici e infermieri. L’attività di insegnamento si fa con la vita, con i commenti, le domande. Ultimamente, la mia vita è stata dedicata alle donne che hanno un problema alla fistola vescico-vaginale dovuto al parto prolungato. Queste donne sono rifiutate dalla società perché perdono sempre urina. Da sole non guariscono, occorre che siano operate. Finalmente, in questi ultimi anni c’è stata una presa di coscienza da parte delle autorità sanitarie mondiali e hanno scelto questa infermità come prioritaria nel terzo millennio. Hanno sollecitato i governi a fare qualcosa per migliorare. Vedere queste donne, rigettate da tutti, che fanno l’operazione e guariscono è una nuova vita che comincia. Questa soddisfazione è impagabile”.

Nel 2003, padre Aldo Marchesini scopre di essere affetto dall’Hiv, contratto nelle operazioni di alcune donne partorienti sieropositive. Non volle tornare in Italia per curarsi, perché riteneva ingiusto che le popolazioni africane non potessero accedere ai farmaci salvavita per quella terribile malattia. Si è battuto per portare quei medicinali nei suoi ospedali e cercare di lottare e guarire davanti alla sua gente. Considerò quell’esperienza una grazia per poter capire dal di dentro cosa si prova nella malattia. “Gesù mi ha condotto alle periferie della terra – ha detto durante la cerimonia di consegna del riconoscimento all’Onu lo scorso 12 giugno – Vivere con i più poveri è un’esperienza straordinaria, perché poco a poco si comprende, come diceva Gesù, che  i sapienti e gli intelligenti non riescono a capire i segreti del mondo, aperti invece ai piccoli ed i poveri”. Ma ora cosa farà al suo ritorno, negli ospedali in terra di missione?

“In Mozambico, mi attende molto lavoro. Là di lavoro ce ne è sempre, ce ne è un’infinità. Riprendo la mia vita di tutti i giorni”.

Una vita bella perché, come ha detto a conclusione della cerimonia al Palazzo di Vetro di New York: “Penso che poter lavorare con i poveri sia una delle fortune più grandi che si possano avere”.








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