2014-06-20 12:58:00

Sud Sudan: Consiglio delle Chiese chiede rispetto accordi di pace


Il Consiglio delle Chiese del Sud Sudan lancia un appello sia al presidente Salva Kiir sia al capo dei ribelli Riek Machar a causa del mancato rispetto degli accordi raggiunti e gli inaccettabili ritardi nei negoziati di pace. Nel documento si chiede di porre fine ad “un conflitto insensato” che, scoppiato nel dicembre 2013, impedisce di ricostruire la nazione. Si fa anche riferimento all’accordo per il cessate il fuoco sottoscritto a maggio. Sulla situazione che si sta vivendo nel Sud Sudan, Debora Donnini ha sentito padre Efrem Tresoldi, missionario comboniano e direttore della rivista Nigrizia:

R. – Penso che ci sia un continuo dilazionamento delle trattative di pace, che sono state portate avanti con grande difficoltà. Sono stati firmati negoziati di cessate il fuoco, negoziati di pace. I rappresentanti delle comunità di fede - che includono sia le Chiese cristiane ma anche il Consiglio islamico del Sud Sudan – chiedono, appunto, che queste trattative di pace vengano finalmente messe in pratica. Finora, non si è vista ancora una volontà politica di porre fine alle violenze che continuano tutt’oggi in Sud Sudan.

D. – Quindi, si combatte. Perché?

R. – E’ partita come una lotta di potere tra i due rappresentanti, il capo di Stato Salva Kiir e Riek Machar. Quindi, all’inizio è stata una lotta di potere, ma sostanzialmente ciò che sta veramente sotto è la grande ricchezza del petrolio negli Stati settentrionali del Sud Sudan, dove evidentemente c’è stata una maggiore violenza: sono state distrutte città e dove ci sono moltissimi sfollati. Proprio su questo fatto, della ricchezza del petrolio, si sta misurando questa partita sanguinosissima nel Paese; oltre al fatto che ha anche connotati etnici: sappiamo bene, come Salva Kiir rappresenti l’etnia maggioritaria dei dinka e, invece, Riek Machar quella dei nuer. Tuttavia, non è soltanto una guerra a sfondo politico-etnico ma ci sono grossi interessi economici e, in primis, il petrolio.

D. – Nel testo si fa anche riferimento all’impegno per dar vita ad un esecutivo di unità nazionale. Invece, non si riesce…

R. – Sì, esatto. E’ stata ventilata non molto tempo fa. Questa idea sembrava poter dare un po’ di speranza di pace, di trovare un accordo tra le parti belligeranti per un governo di unità nazionale, di transizione, per lo meno. Questo ovvierebbe alla decisione presa in passato di tenere delle elezioni proprio l’anno prossimo. Questo, invece, aveva fatto scatenare questa concorrenza tra le due parti, quelle legate a Riek Machar e quelle legate, appunto, a Salva Kiir che aveva detto di volersi ricandidare mentre Riek Machar pretendeva un cambio al potere. L’idea di fare un governo di unità nazionale transitorio poteva stemperare, per il momento, queste tensioni in vista di maggiori chiarimenti o, per lo meno, rimandare nel tempo la data delle elezioni in modo tale da abbassare il livello di tensione.








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