2014-06-24 15:38:00

P. Bentoglio: governi spesso incapaci di gestire fenomeno migratorio


“Linee di pastorale migratoria” è il titolo del Corso di formazione organizzato dalla Fondazione Migrantes e in corso a Roma. Per domattina, è in programma l’intervento di padre Grabriele F. Bentoglio, sottosegretario del Pontificio Consiglio Migranti e Itineranti, sul tema “Evangelii Gaudium- nuova evangelizzazione, migrazioni e mobilità”. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Anche solo a una lettura di superficie, l’impressione che se ne ricava è di una enormità che toglie il fiato: una massa abnorme, quasi inconcepibile nella sua reale dimensione, fatta di senza patria, senza casa, senza lavoro – e viceversa gravata di tutte le precarietà in termini di tutele, diritti, accoglienza – che vaga sulla carta geografica come una gigantesca mano tesa verso chiunque possa aiutarla a rinascere. Nel suo intervento, padre Bentoglio affronta il paragrafo sulla mobilità umana attuale snocciolando cifre in sequenza: 16 milioni i rifugiati – tra cui i richiedenti asilo e i palestinesi sotto l’Agenzia Onu di soccorso e lavoro – quasi 29 milioni gli sfollati interni a causa di conflitto, 15 milioni i profughi generati da pericoli e disastri ambientali e altri 15 a causa di progetti di sviluppo.

Padre Bentoglio prosegue citando anche gli apolidi, una schiera di “invisibili” (12 milioni) senza cittadinanza e senza diritti, e gli zingari (36 milioni) che vivono in Europa, nelle Americhe, in alcuni Paesi dell’Asia, 18 milioni dei quali solo in India, terra originaria di tale popolazione. Nel quadro della mobilità, anche se per motivi non di emergenza, disagio o integrazione,  vanno inclusi sia gli studenti internazionali (cifra stimata: 7 milioni entro il 2025) e i turisti, un esercito di 980 milioni persone registrato nel 2010.

Di fronte a questi numeri da capogiro la Chiesa si interroga da sempre e agisce sul piano pastorale e solidale. Padre Bentoglio rilegge la specifica azione ecclesiale per i migranti alla luce dell’Evangelii Gaudium di Papa Francesco, che vede una Chiesa “in uscita”, che accoglie gli ultimi come “una madre dal cuore aperto”. La priorità è certamente l’annuncio del Vangelo, modulato rispetto alle condizioni che vivono le persone cui è rivolto.

In particolare, al capitolo quarto dell’Esortazione, ricorda il sottosegretario al dicastero, il Papa si sofferma sulla “dimensione sociale dell’evangelizzazione”, che più riguarda da vicino il lavoro del Pontificio Consiglio, nella quale si “mettono a fuoco due realtà scottanti nell’attuale momento della storia” l’inclusione sociale dei poveri, la pace e il dialogo sociale.

Padre Bentoglio cita un passaggio dell’Esortazione, dove il Papa ribadisce come “indispensabile” il “prestare attenzione” alle “nuove forme di povertà e di fragilità in cui – dice – siamo chiamati a riconoscere Cristo sofferente, anche se questo apparentemente non ci porta vantaggi tangibili e immediati: i senza tetto, i tossicodipendenti, i rifugiati, i popoli indigeni, gli anziani sempre più soli e abbandonati, ecc. I migranti – scrive ancora il Papa – mi pongono una particolare sfida perché sono Pastore di una Chiesa senza frontiere che si sente madre di tutti. Perciò – prosegue Papa Francesco – esorto i Paesi ad una generosa apertura, che invece di temere la distruzione dell’identità locale sia capace di creare nuove sintesi culturali. Come sono belle – esclama – le città che superano la sfiducia malsana e integrano i differenti, e che fanno di tale integrazione un nuovo fattore di sviluppo! Come sono belle le città che, anche nel loro disegno architettonico, sono piene di spazi che collegano, mettono in relazione, favoriscono il riconoscimento dell’altro!” .

Spostando lo sguardo sul lavoro sul campo degli operatori pastorali, padre Bentoglio afferma con spirito critico: siamo "sempre più interpellati a coniugare l’impegno dell’evangelizzazione con i doveri della promozione umana. In effetti, il fenomeno migratorio, a cui spesso le istituzioni stanno assistendo con indifferenza e incapacità di gestione, continua a denunciare lo squilibrio fra le diverse aree del mondo, dove la disparità di accesso alle risorse rende i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Il diritto di emigrare, che dovrebbe essere garantito a tutti, corrisponde – conclude – al diritto a restare, per costruire in patria un futuro migliore per i singoli e per le collettività. Entrambi, in ogni caso, devono essere subordinati ad un concetto più ampio di cittadinanza, dove non vi siano confini per un mondo che tutti devono sentire come patria universale, come luogo di passaggio e anticipazione della patria definitiva ed eterna".








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