2014-06-24 14:25:00

La Libia elegge nuovo Parlamento. Ue e Onu: tappa cruciale


La Libia si prepara a eleggere domani i 200 membri del nuovo parlamento, che avrà sede a Bengasi. 32 seggi sono riservati alle donne. Oltre 1.600 i candidati per un voto che l’Unione Europea e l’Onu definiscono cruciale per l’avvio di un dialogo costruttivo che porti ad un governo stabile. Sulle consultazioni pesa infatti l'incognita sicurezza, specie nell'est dove da un mese le forze dell'ex generale Khalifa Haftar sono impegnate in un'offensiva contro gruppi estremisti, che ha provocato centinaia di morti. Sulle attese e sul valore di questo voto, Gabriella Ceraso ha raccolto il parere di Arturo Varvelli, ricercatore dell'Istituto di studi politici internazionali (Ispi):

R. – Le aspettative sono alte. Certo, è vero, che potrebbe essere una sorta di ultimo appello, anche perché dalle elezioni del luglio 2012 sembrava si prospettasse alla Libia un futuro roseo e invece è piombata in una situazione di semi- anarchia. E questo ci fa presagire che possa diventare a tutti gli effetti uno Stato fallito: non c’è un’autorità centrale, ci sono solo milizie che controllano vaste aree del Paese, ci sono infiltrazioni ed elementi jihadisti. Non possiamo, però, da questo punto di vista, deporre tutte le speranze: il Paese sembra infatti ancora reggere e le elezioni possono essere un punto di svolta per la creazione di un nuovo patto sociale. Gli accordi in tal senso non si faranno tanto al Congresso, ma si faranno più che altro fuori da questa sede. Tribù, comunità locali, partiti, forze politiche devono trovare un nuovo accordo.

D. – Quale configurazione parlamentare, secondo lei, assumerà il Congresso?

R. – E’ molto difficile dirlo, perché si è scelto di premiare ancora una volta gli indipendenti. Gli indipendenti possono avere varie anime, ma quello che è importante è trovare un accordo. Le forze che avranno un’espressione devono avere tutte dignità di parola, compresa la Fratellanza musulmana e le forze islamiste, che hanno deciso di concorrere alle elezioni. L’Egitto, in questo senso, ha dato un pessimo esempio: ha detto che la Fratellanza non poteva governare, quindi i laici libici si sono rifiutati di governare insieme alla Fratellanza. La Libia, però, avrebbe bisogno proprio di questo: di trovare un accordo comune e di governare insieme in qualche maniera o almeno trovare un terreno di condivisione.

D. – L’Unione Europea ha scritto oggi la sua preoccupazione ovviamente per il deterioramento della situazione politica e di sicurezza in Libia. Poi, ha anche sottolineato l’auspicio che questo voto si svolga non solo in un ambiente pacifico, ma con una larga partecipazione di donne e giovani. E’ possibile?

R. – Le dichiarazioni di principio dell’Unione Europea sono sempre condivisibili. Bisogna vedere, però, anche quello che ha fatto l’Unione Europea; ha fatto cioè troppo poco per la stabilizzazione. Certamente, ci si è illusi che l’abbattimento di un regime potesse comportare la fioritura di qualcosa di diverso, di democratico, senza alcun accompagnamento. Così, è stato e adesso si chiede una partecipazione larga a donne e giovani. In realtà le iscrizioni alle liste elettorali e al voto, di fatto, sono state molto inferiori rispetto a quanto accaduto due anni fa. C’è una sorta, dunque, di disillusione. C’è anche un’atmosfera tutta diversa: i cittadini libici non hanno notato miglioramenti negli ultimi due anni nelle loro condizioni di vita. Anche questo quindi non depone a favore di un processo di democratizzazione. Certo, è vero che persistono ampi strati di popolazioneche  credono ancora nel processo democratico: bisogna far sì che non si disilludano del tutto.

D. – Quindi, che cosa bisogna augurarsi dal voto, anche per il miglioramento delle condizioni dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo? Penso per esempio all’annosa piaga della migrazione...

R. – Quello che ci possiamo augurare è che esca una Libia che abbia maggiormente voglia di compromesso, di accordo. Se da queste elezioni nasce questo desiderio, cioè un rilancio di questa volontà, nasce la possibilità di scrivere una Costituzione in maniera pacifica, nasce un’autorità centrale, un governo un pochino più forte di quanto lo sia ora. Allora, queste sono tutte prospettive di una stabilizzazione pacifica del Paese e anche di una risoluzione, in parte perlomeno, della questione dell’immigrazione, della questione umanitaria, della questione delle armi, che se ne vanno ovunque in giro per il Medio Oriente dalla Libia, e della questione dei jihadisti. Tutto è legato, di fatto, alla possibilità di un nuovo rilancio della politica a Tripoli.








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