2014-07-05 12:31:00

Messa del Papa a Campobasso: carità via maestra dell’evangelizzazione


La Chiesa sia sempre in prima linea nella testimonianza della carità. E’ uno dei passaggi forti dell’omelia di Papa Francesco, durante la Messa nell’ex stadio Romagnoli di Campobasso, gremito da oltre 20 mila fedeli che arrivavano a 80 mila considerando tutta la zona circostante. Il Papa ha ribadito che bisogna diffondere la cultura della solidarietà, soprattutto di fronte alle situazioni di precarietà materiale. Il servizio di Alessandro Gisotti:

La Chiesa che conosce l’odore delle sue pecore, tante volte evocata da Papa Francesco, ha trovato oggi una nuova suggestiva immagine nella capanna che sovrastava l’altare della Messa a Campobasso. Un’umile struttura fatta di canne, abbellita da piante di ulivo, a ricordare quelle capanne che danno riparo ai pastori molisani durante la transumanza del loro gregge. Una Chiesa in cammino dunque proprio come i pastori, ha sottolineato l’arcivescovo Giancarlo Bregantini, che ha voluto soffermarsi sul paliotto, il pannello decorativo dell’altare, ricamato con il ferro battuto da un giovane immigrato senegalese:

“Il paliotto esprime plasticamente il Magnificat: un giovane sta precipitando nel buco nero della droga, dell’alcol, della precarietà lavorativa. Ma invoca, con braccia disperate, un aiuto. Ed ecco che a venirgli incontro, con  mano sollecita, c’è proprio Lei, santità, che lo sorregge e lo rialza, spinto dalla Madonna della Libera, che illumina la scena! E’ la prossimità, di cui ha bisogno il nostro tempo!”.

Una prossimità che diventa servizio ai fratelli che hanno bisogno, come dimostra Maria con la cugina Elisabetta. Francesco ha sottolineato che tutti siamo chiamati a vivere “il servizio della carità” nelle realtà ordinarie, in famiglia come in parrocchia e al lavoro:

“La testimonianza della carità è la via maestra dell’evangelizzazione. In questo la Chiesa è sempre stata ‘in prima linea’, presenza materna e fraterna che condivide le difficoltà e le fragilità della gente. In questo modo, la comunità cristiana cerca di infondere nella società quel ‘supplemento d’anima’ che consente di guardare oltre e di sperare”.

Il Papa ha incoraggiato tutti “a perseverare su questa strada, servendo Dio nel servizio ai fratelli, e diffondendo dappertutto la cultura della solidarietà”. Di questo impegno, ha sottolineato, c’è tanto bisogno “di fronte alle situazioni di precarietà materiale e spirituale, specialmente di fronte alla disoccupazione, una piaga che richiede ogni sforzo e tanto coraggio da parte di tutti”:

“Quella del lavoro è una sfida che interpella in modo particolare la responsabilità delle istituzioni, del mondo imprenditoriale e finanziario. È necessario porre la dignità della persona umana al centro di ogni prospettiva e di ogni azione. Gli altri interessi, anche se legittimi, sono secondari”.

Al centro, ha soggiunto, “c’è la dignità della persona umana”, “perché la persona umana è immagine di Dio”. Dunque, ha detto, “la Chiesa è il popolo che serve il Signore”. La vera libertà, ha proseguito, “la dà sempre il Signore: la libertà anzitutto dal peccato, dall’egoismo in tutte le sue forme: la libertà di donarsi e di farlo con gioia, come la Vergine di Nazareth che è libera da sé stessa”. Questa, ha detto ancora, “è la libertà che ci ha donato Dio, e noi non dobbiamo perderla: la libertà di adorare Dio, di servire Dio e di servirlo anche nei nostri fratelli”:

“Questa è la libertà che, con la grazia di Dio, sperimentiamo nella comunità cristiana, quando ci mettiamo al servizio gli uni degli altri. Senza gelosie, senza partiti, senza chiacchiere... Servirci gli uni gli altri, servirci! Allora il Signore ci libera da ambizioni e rivalità, che minano l’unità della comunione. Ci libera dalla sfiducia, dalla tristezza – questa tristezza è pericolosa, perché ci butta giù; è pericolosa, state attenti!”.

Il Signore, ha ribadito, ci liberadalla paura, dal vuoto interiore, dall’isolamento, dai rimpianti, dalle lamentele”. Anche nelle nostre comunità, ha ribadito, “non mancano atteggiamenti negativi, che rendono le persone autoreferenziali, preoccupate più di difendersi che di donarsi”. Ma Cristo, è stato il suo incoraggiamento, “ci libera da questo grigiore esistenziale”:

“Per questo i discepoli, noi discepoli del Signore, pur rimanendo sempre deboli e peccatori - tutti lo siamo! - ma pur rimanendo deboli e peccatori, siamo chiamati a vivere con gioia e coraggio la nostra fede, la comunione con Dio e con i fratelli, l’adorazione a Dio e ad affrontare con fortezza la fatiche e le prove della vita”.








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