2014-07-05 15:14:00

L'economista Cappugi: in Italia necessarie prima di tutto le riforme


Nel pieno del dibattito sul rapporto tra flessibilità e stabilità di bilancio nell’Unione europea, Matteo Renzi ha incontrato oggi a Bolzano il cancelliere austriaco Werner Fayman, in occasione del convegno "Regioni in Europa. L'Europa delle Regioni". Un’occasione per il premier italiano per ribadire che "l'Europa non può diventare la patria delle burocrazie e delle banche", ma bisogna farne “la casa della politica, dei valori e dei cittadini". Intanto il vicecapogruppo del Cdu e responsabile di Finanze e Bilancio, Ralph Brinkhaus in un’intervista ha affermato la sua contrarietà al cambiamento delle regole che l’Unione si è data: “Chi viola le regole danneggia l’Europa, non la Germania”, ha affermato precisando che nelle attuale norme “c’è abbastanza margine di manovra per quanto Renzi vuole”. Sulla questione Adriana Masotti ha sentito il parere dell’economista Luigi Cappugi, docente di Economia politica all'Università Lumsa di Roma:

R. – Francamente non ho le idee molto chiare sulle ragioni per le quali si è aperto un dibattito di questo tipo sulla flessibilità, che è comunque di per sé un concetto che può essere utile per gestire meglio la politica economica dei singoli Stati oltre che dell’Unione Europea.

D. - Però la Germania resiste a questa idea …

R. - Resiste perché la Germania pensa non all’interesse, alle prospettive dell’Europa, ma alle sue prospettive. Quindi resiste perché comunque una politica economica che tenga conto delle esigenze di tutti i singoli Paesi è sicuramente una politica economica meno favorevole alla Germania.

D. – Brinkhaus, il vice capogruppo parlamentare della Cdu, dice che se cambiamo, se violiamo le regole, perdiamo molta fiducia e chi viola le regole danneggia l’Europa, non la Germania. Quindi invoca riforme e non più spese...

R. - Mi sembra un ragionamento condivisibile. Almeno dal mio punto di vista di economista è come dice lui, non c’è dubbio!

D. - Non le pare che qui si scontrino due visioni su come uscire dalla crisi? Da una parte il rigore, la riduzione delle spese e dall’altro, invece, il desiderio di investire di più in nome della crescita e del rilancio dei consumi …

R. - Sì, ma sono vere entrambe le impostazioni. Senza l’una non è possibile realizzare l’altra e viceversa. Se non si fa una politica che accresca le risorse disponibili per fare gli investimenti necessari alla crescita, è ovvio che la crescita non ci può essere.

D. - Ma da cosa cominciare? Dal rigore o dall’investimento per poi uscire dalla crisi?

R. - Io penso che il primo problema sia spendere meglio quello che già si spende. Di questo non parla mai nessuno, non ci sono forze politiche che siano disponibili a mettere in discussione gli strumenti per raggiungere quegli obiettivi che si sono più o meno affermati di fatto. Non si può ignorare che questo è l’atteggiamento dei singoli Paesi europei. Poi c’è il problema dell’Europa, che naturalmente cresce se i singoli Paesi accettano di fare una politica comune sul serio, non solo a parole.

D. - Secondo lei la richiesta di Renzi di maggiore flessibilità sui bilanci potrà spuntarla? Non dimentichiamo che l’Italia è alla presidenza dell’Ue per i prossimi sei mesi …

R. - Il problema non è spuntarla; il problema è fare le cose che si devono fare e farle bene. Bisogna essere coerenti nella realizzazione delle politiche economiche e nella definizione delle spese, degli obiettivi, oltre che degli strumenti. In concreto, questo significa che non si possono fare politiche che aumentano il debito senza avere un aumento della crescita della rendita, cioè del benessere delle persone! Il problema di fondo è la coerenza: se non c’è coerenza non credo che si possa condividere ciò che chiede Renzi.

D. - Ma l’Italia dimostra questa coerenza?

R. - L’Italia ha coerenza quando il sistema politico funziona, non ce l’ha quando questo non funziona. Ci si dimentica degli impegni e si va avanti e così gli altri Paesi.

D. – Lei, dunque, lega la flessibilità alle riforme?

R. - Certo! Le riforme fanno parte degli strumenti per garantire il raggiungimento della flessibilità necessaria a far crescere il sistema. Le riforme istituzionali prima, dove sono necessarie, e poi il resto, non il contrario! Non penso prima alla riforma del lavoro! Se non si migliora il funzionamento delle istituzioni è inutile che si seguiti a parlare di riforme. Quelle poche, che sono effettivamente essenziali, devono essere fatte prima di ogni cosa e il più rapidamente possibile.








All the contents on this site are copyrighted ©.