2014-07-10 14:02:00

Il nunzio a Gerusalemme: necessari gesti forti per la pace


Continua a preoccupare la situazione in Medio Oriente. E’ salito a 80 palestinesi uccisi, tra di loro numerosi bambini, il bilancio di tre giorni di raid israeliani su Gaza mentre continuano i lanci di razzi verso lo Stato ebraico. Respinta l’ipotesi di una tregua, oggi riunione dell’Onu. “Servono gesti coraggiosi per la pace”: ha detto, ai nostri microfoni, il nunzio in Israele mons. Lazzarotto. Il servizio di Benedetta Capelli

Alle 16 ora italiana il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, su richiesta della Lega Araba, discuterà dell’escalation di violenza tra israeliani e palestinesi nella Striscia di Gaza. Il botta e risposta tra le parti ha provocato un’ottantina di vittime e, solo nella notte, si contano anche 5 bambini palestinesi uccisi nella zona di Khan Yunis, 550 i feriti. Israele riferisce che in meno di tre giorni sono stati sparati 365 razzi da Gaza: uno ogni dieci minuti. Alcuni sono caduti presso la centrale nucleare di Dimona, altri a lunga gittata davanti Haifa. A Jabaliya, tre i morti in un raid israeliano. L’Egitto intanto ha riaperto il valico di Rafah per favorire il passaggio dei feriti. Mentre la diplomazia internazionale lavora per un cessate il fuoco, l’ipotesi viene oggi bocciata dal premier israeliano Netanyahu. “Una tregua con Hamas - ha detto davanti alla commissione affari esteri del Parlamento - non è in agenda”. Israele assicura che non saranno tagliate le forniture di energia elettrica e acqua nella Striscia di Gaza. Si teme comunque un attacco di terra mentre il presidente palestinese, Abu Mazen, ha denunciato ieri “un genocidio”. Stamani a Tel Aviv sono risuonate le sirene, intercettati oltre 100 i razzi provenienti dalla Striscia.

Grande la preoccupazione anche di mons. Giuseppe Lazzarotto, nunzio apostolico in Israele e delegato apostolico a Gerusalemme e Palestina. L'intervista è di Benedetta Capelli:

R. - Non c’è dubbio che il momento che stiamo vivendo è di grande preoccupazione, perché quello che è successo nei giorni scorsi ed in tempi recenti ha portato ulteriori complicazioni ad una situazione che era già complessa in se stessa. C’è preoccupazione. C’è bisogno da una parte di buon senso e di senso del “limite”, mi riferisco soprattutto ai politici naturalmente a quelli che devono prendere le decisioni. Dall’altra parte anche il coraggio, come ha detto il Santo Padre in tante occasioni e continua a ripeterlo: la pace ha bisogno di gesti coraggiosi, perché altrimenti è difficile sbloccare una situazione di conflitto che rischia davvero di degenerare.

D. - Le dichiarazioni di queste ultime ore sono davvero preoccupanti…

R. - E’ un momento di grande preoccupazione perché siamo al limite, c’è una linea che non bisogna oltrepassare, altrimenti sarebbe difficile tornare indietro. Io spero che ci sia consapevolezza e grande senso di responsabilità, da una parte e dall’altra. Dobbiamo tutti impegnarci. Io lo ripeto spesso: qui ci sono tante persone di buona volontà che vogliono la pace, la vogliono e si impegnano anche con gesti concreti pratici come ci ha insegnato e continua ad insegnarci Papa Francesco. Come il grande gesto che lui ha fatto di invitare i due presidenti a pregare insieme, per riflettere insieme, per dare un messaggio forte. Questo avvenimento così recente, non dobbiamo pensare che sia stato dimenticato, o non sia servito a niente. Non è vero! Sono gesti forti, messaggi forti che sono stati lanciati e che devono sempre essere tenuti presenti e considerati come punti di riferimento, perché quella è la strada che bisogna seguire.

D. - Cosa resta di quell’incontro di preghiera?

R. - Resta la grande ammirazione e la stima per quello che il Papa con i due presidenti, tutti insieme, hanno fatto. Rimane quello come indicazione forte della strada che bisogna avere coraggio di seguire, anche se sembra che ciò che sta succedendo stia, in un certo senso, cancellando questo avvenimento. Non è vero! Non dobbiamo cedere al pessimismo e lasciarci prendere da questa spirale terribile che genera solo altri conflitti ed altra violenza. I credenti devono aggrapparsi alla forza della preghiera.

D. - La nunziatura come sta agendo in questo momento di difficoltà con le parti israeliane e palestinesi?

R. - La nunziatura continua con il suo normale programma, soprattutto con i tanti contatti che cerco di mantenere naturalmente sia con una parte che con l’altra a vari livelli. Ci sono i contatti con le nostre comunità, con i responsabili delle comunità religiose, con le persone singole ed anche con la parte politica, i nostri contatti normali con il governo. Cerchiamo sempre di incoraggiare al dialogo, all’intesa, alla soluzione, alla ricerca di una via pacifica per risolvere i conflitti.

Ma c’è veramente il rischio che in Medio Oriente sfoci in una guerra vera e propria? Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale del "Corriere della Sera":

R. - Il rischio è molto alto, anche perché credo che forse sia la prima volta in cui la situazione può realmente sfuggire di mano. Un tempo si poteva ancora sperare sulla forza della ragione; oggi il rischio è che ci si abbandoni totalmente alla passione, ma non soltanto da parte di Israele, ma anche da parte palestinese, e in particolare da parte di Hamas. Il rischio è che la situazione si aggravi fino ad un punto tale da provocare l’irreparabile.

D. - Il fatto che rispetto alla Prima e alla Seconda Intifada si sia partiti già da un livello di violenza molto elevato - raid aerei contro missili -, può provocare nelle Comunità internazionale un certo timore anche a livello diplomatico nell’intervenire in modo efficace?

R. - Oggi la situazione è un po’ più complicata rispetto al passato, con gli Stati Uniti che non hanno molta voglia di lasciarsi “calamitare” in una nuova situazione di tensione in Medio Oriente. Però credo ci sia un punto di non ritorno: davanti ad un’esagerazione, ad una violenza tale - Abu Mazen ha parlato di  genocidio, parlare di genocidio contro Israele mi sembra abbastanza improprio -, le proporzioni rischiano di diventare quelle di un massacro dovuto alla provocazione o alla stupidità degli uni, e alla violenza nella risposta degli altri. Ora, in base a tutto quello che succede mi viene da pensare è che ci possa essere quasi un punto di contatto tra l’estremismo di Gaza e tutto quello che sta accadendo non lontano dalle frontiere di Israele - soprattutto Siria ed Iraq - dove si stanno affermando delle forze che fanno del massacro sistematico dei civili - cosiddetti nemici - il loro obiettivo. Credo che tutte queste vicende, in qualche modo, non possano essere totalmente scollegate; credo che sarebbe necessario, a questo punto, un fermo altolà da parte della Comunità internazionale che è sempre stata troppo silente, al di là del silenzio americano di cui si è parlato.








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