2014-07-13 14:27:00

Riconoscimento dei diritti dei minori rom: una realtà ancora lontana


Sgomberati per due volte in due giorni, senza le garanzie previste dagli standard internazionali, e abbandonati a se stessi. Per 39 rom presenti nella capitale nessuna soluzione abitativa alternativa ai campi abusivi è stata individuata dalle autorità capitoline. L’Associazione 21 luglio e Amnesty International rivolgono in tal senso un appello urgente al sindaco, Marino. Le violazioni dei diritti umani nei confronti di questa minoranza sono frequenti. Di tutela dei diritti e della prevenzione dell’esclusione in particolare dei minori rom, si è parlato in un recente convegno promosso a Roma da UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali e dall’Unione Forense per la tutela dei diritti umani. "Se non cominciamo dalle politiche per i bambini il problema della marginalizzazione dei Rom sarà destinato ad amplificarsi nel futuro anziché ridursi", ha affermato Marco De Giorgi, direttore dell'Unar. Ma nei confronti dei rom si può parlare davvero di razzismo in Italia? Adriana Masotti lo ha chiesto a Pietro Vulpiani dello stesso Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali:

R. – Consideriamo che i rom sono la prima minoranza etnica europea. In tutti i Paesi europei riscontriamo un numero ingente di casi di discriminazione. Anche in Italia sono il gruppo maggiormente discriminato sia nell’accesso a beni e servizi, che nelle relazioni con le istituzioni, che nell’accesso all’alloggio, al lavoro…

D. – Quindi è più corretto parlare di discriminazione piuttosto che di razzismo?

R. – C’è anche quello. La caratteristica rispetto alle altre forme di discriminazione nei confronti di altre comunità è che il comportamento individuale, nel caso dei rom, viene esteso all’intera collettività. A livello storico sono sempre stati profondamente stigmatizzati e negli ultimi 20 anni abbiamo avuto una crescita di questo processo di criminalizzazione nei loro confronti, che ha portato ad una vera e propria marginalizzazione un po’ in tutte le regioni d’ Italia.

D. – Qual è il dato principale emerso dal Convegno che si è tenuto nei giorni scorsi?

R. – Il Convegno affrontava il tema dei minori, un tema estremamente complesso per quanto riguarda i rom. Perché, da una parte, all’interno delle comunità c’è una risposta a questa situazione di rifiuto, che si traduce in una chiusura: una chiusura che però per i minori si pone anche nei termini di un’ “adultizzazione” dei minori stessi che vengono visti già come degli adulti. Quindi c’è la tendenza a non mandare i bambini a scuola, a non rivendicare il loro diritto alla salute ecc…. Da parte nostra, questa “adultizzazione” produce l’idea che il minore sia come un adulto e quindi possa essere discriminato, vessato. C’è una sorta di disumanizzazione del minore, che non viene percepito come soggetto di tutela. Il lavoro sui minori è un lavoro particolarmente importante perché investire sulle donne e sui minori significa seminare un cambiamento culturale profondo che le nuove generazioni vedranno.

D. – Quindi si lavora per un cambiamento a partire dai bambini, un cambiamento anche dei rom stessi. Ma che cosa significa per voi integrazione di questo particolare popolo nella società di oggi?

R. – Per noi è molto semplice. Il nostro obiettivo è quello di rimuovere quegli ostacoli strutturali o simbolici che impediscono al rom di avere accesso ai suoi diritti. Il problema è soltanto questo, che c’è da una parte una tendenza ormai storica all’esclusione e dall’altra, un’analoga tendenza alla auto-esclusione. Tutti e due gli elementi vanno scardinati.

D. - Si è già cominciato a cambiare qualcosa, in quanto ai tempi che cosa si prevede?

R. – Consideriamo che fino a pochi anni fa era impensabile avere una capacità di negoziazione, di discussione, di confronto, di dialogo con l’universo rom. Ora abbiamo tavoli nazionali, regionali e locali dei quali fanno parte anche gli stessi rom che entrano nei processi decisionali, per dare suggerimenti, per dare idee, per spiegare come riuscire a superare ostacoli che altrimenti resterebbero tali per le istituzioni che sono troppo lontane da un gruppo-bersaglio così vulnerabile ma anche così difficile da raggiungere. Però, è chiaro si tratta di processi culturali lunghi.

D. – L’importante è che ci sia la volontà, in tutti i sensi, anche la volontà politica di andare avanti…

R. – Quello è un elemento fondamentale. E’ chiaro che l’argomento è un argomento impopolare che non genera consensi elettorali. Per cui c’è bisogno di una responsabilizzazione delle istituzioni locali e dei nostri politici, per fare in modo che ci sia un cambiamento radicale che permetta il miglioramento della qualità della vita. Non solo per i rom, ma anche per tutti gli altri. Perché migliorare le condizioni di vita dei rom significa migliorare le condizioni di vita di tutti coloro che vivono in prossimità con i rom stessi. Dobbiamo capire che da questo processo di crescita culturale c’è un miglioramento che riguarda tutti noi.








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