2014-07-14 20:07:00

Mo: oltre 170 morti. Mons Shomali : Papa fiducioso ma serve buona volontà


Ancora altissima la tensione in Medio Oriente al settimo giorno di operazioni militari con oltre 170 morti, tra cui più di trenta bambini secondo l’Onu. Per ora nessuno passo indietro: da Israele ancora raid sulla Striscia di Gaza da cui, viceversa, continuano ad essere lanciati razzi che, nel pomeriggio, secondo testimoni avrebbero fatto scattare l’allarme anche a Tel Aviv. Intanto la diplomazia spinge per trovare un canale di mediazione. Il servizio di Gabriella Ceraso:

Egitto e Qatar per parte palestinese, gli Stati Uniti per Israele: potrebbero essere questi gli attori chiave per la cessazione della guerra in Medio oriente attraverso la mediazione. Si vedrà nel giro della prossime ore, data la riunione d’emergenza convocata dalla Lega Araba al Cairo, dove domani arriverà il segretario di Stato Usa Kerry. Non manca anche il contributo dell’Unione europea che lavora ad un piano per il cessate il fuoco: in arrivo in Cisgiordania e a Tel Aviv il ministro degli Esteri dell’Italia presidente di turno Ue, la Mogherini, col collega tedesco Steinmeier che ha già ribadito: “ serve una soluzione a due Stati e la fine immediata delle violenze”. La lunga disputa politica tra le due parti, ripete anche l’Onu in una nota, non puo' essere risolta militarmente. La preoccupazione generale resta per l'impatto sui civili uccisi e costretti alla fuga delle operazioni militari di Israele: finora 172 i morti, oltre mille i feriti e migliaia gli sfollati, tra cui centinaia di bambini, fanno sapere le agenzie umanitarie. Sul terreno intanto nulla di nuovo: la giornata ha visto ripetersi ancora i raid dell’aviazione di Tel Aviv sulla Striscia, mentre i militari israeliani hanno abbattuto un drone non armato a largo del porto di Ashdod e hanno fermato un razzo nell’area metropolitana di Tel Aviv. Successivamente l'allarme anti missile è suonato anche nel sud d'Israele per un missile sparato dalla Siria sulle Alture del Golan.

E mentre la diplomazia internazionale lavora per una tregua sul campo, Papa Francesco domenica ha elevato ancora una volta la propria preghiera per la pace in Terra Santa: “mai più guerra”, “con la guerra tutto è distrutto”, ha detto, ricordando pure che non è “avvenuto invano” l’incontro, tenutosi in Vaticano l’8 giugno scorso, con i presidenti israeliano Peres e palestinese Abbas, alla presenza del Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. Sulle parole del Pontefice, ascoltiamo al microfono di Giada Aquilino, il vescovo ausiliare di Gerusalemme dei Latini, mons. William Shomali:

R. – Sono parole giuste, che continuano il messaggio per la pace lanciato durante la sua visita in Terra Santa, ma anche durante la preghiera nei Giardini Vaticani. Il suo discorso di quel momento, veramente storico, rimane sempre valido: ha detto che fare la pace richiede più sforzo che fare la guerra e che, se gli sforzi umani non riescono, c’è un’altra possibilità, la preghiera. Il Papa rimane fiducioso che il Signore può trasformare i cuori, perché il problema è soprattutto di buona volontà. Il Signore può mettere questa buona volontà nei cuori.

D. - Il Pontefice ha detto che quell’incontro nei Giardini Vaticani non è “avvenuto invano”: perché?

R. – Perché la preghiera è sempre valida. Noi credenti sappiamo che una preghiera fatta con fede ha una potenza, una forza particolare. Soprattutto, quando è fatta dai ‘nemici’ stessi. Sono sicuro che la preghiera fatta da Abbas e da Peres era sincera, perché volevano uscire da questo incubo. Ma se i risultati non si fanno vedere l’indomani, non vuol dire che non ci siano risultati.

D. - E’ passato poco più di un mese da quella preghiera: sul terreno cosa è cambiato?

R. - Questo problema dura da 80 anni, dunque un anno di più, un anno di meno, su una lunga storia non è un ritardo. L’albero di ulivo che hanno piantato insieme nei Giardini Vaticani non produrrà frutti prima di 5 anni e questa è l’immagine della preghiera: può dare frutti più tardi, non a causa di una debolezza del Signore ma a causa di una cattiva volontà umana.

D. – Le violenze continue a cosa stanno portando, da una parte e dall’altra?

R. - Portano paura, più sangue, più sfiducia, più odio. Nessuno ci guadagna da questa violenza.

D. – Nella Striscia di Gaza c’è un esodo massiccio di famiglie che - come possono, con carretti, a piedi, chi è più fortunato con le auto - cercano di arrivare a Jabaliya, il campo profughi a nord di Gaza, per trovare rifugio nelle scuole dell’Onu. Qual è la situazione?

R. – La situazione è drammatica. Il parroco di Gaza ha pubblicato una lettera in cui descrive la situazione drammatica. C’è tanta paura, i bambini sono traumatizzati. Molte famiglie hanno perso la casa, molte non hanno cibo, non hanno soldi, non hanno acqua, non hanno elettricità. Sono sotto i colpi della guerra.

D. - I bilanci di queste ore rivelano che fra le vittime è elevata la percentuale di donne e bambini…

R. - Il bilancio cambia ogni giorno, ma non si può mettere in cifre la sofferenza.

D. - Come la Chiesa di Terra Santa è vicina alla popolazione?

R. - Quando potremo andare a visitare Gaza porteremo un po’ di aiuto umanitario. Ma sono gli Stati che hanno più mezzi per aiutare. Già l’Arabia Saudita è disposta a mandare aiuti per i poveri di Gaza, per la Croce Rossa di Gaza. Ma spero che quando ci sarà il cessate il fuoco noi, come vescovi, potremo andare a visitare la gente e dire loro che non li abbiamo dimenticati.

D. - In questo panorama di sofferenza, c’è un’immagine nella sua mente che può dare speranza per il futuro?

R. - Adesso la mia mente è sotto l’incubo di quelle immagini negative, ma la mia fede mi dice che il Signore è più pietoso degli uomini e Lui non permetterà che questa sofferenza duri: il Signore sente il grido degli offesi.








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