2014-07-15 14:54:00

Medio Oriente, Samir: causa dell'escalation è radicalismo, due stati unica soluzione


"Se la causa immediata dell'escalation del conflitto israelo-palestinese è la reazione di Hamas all'uccisione di un ragazzo palestinese, la causa più profonda è nell'aumento del radicalismo da parte della stessa organizzazione palestinese e da parte di Israele, in quest'ultimo caso accompagnato, per la prima volta, da un forte razzismo anti-araboL'effetto è che ogni atto di una parte provoca una reazione contraria ancora più forte dall'altra e viceversa". Ad affermarlo è p. Samir Khalil Samir sj, islamologo all'università Saint Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma

"Dobbiamo uscire da questa spirale di violenza e di insensatezza. L'unica soluzione è quella suggerita da diverse parti, sia in ambito israeliano che palestinese, e più in generale arabo: stabilire una tregua alla violenza e poi discutere la possibilità di creare due stati, riconosciuti reciprocamente e da tutta la comunità internazionale".  La proposta del leader dei pacifisti israeliani, Uri Avnery, è propro quella della soluzione dei due stati, fondata sul riconoscimento, da parte di Israele, dei confini del 1967. "Sarebbe già una grande concessione e mi sembra la più realista", commenta p. Samir. "Anche la proposta di pace di Mahmoud Abbas era buona, ma è stata rifiutata dall'ala estremista palestinese che lo ha accusato di tradimento e dagli israeliani che l'hanno bollata come una proposta ipocrita". "Dobbiamo, invece, cercare di valorizzare le conquiste positive raggiunte finora - commenta l'islamologo - come l'incontro voluto da Papa Francesco e svoltosi nei Giardini Vaticani l'8 giugno scorso, a cui parteciparono Shimon Peres, lo stesso Abbas, rabbini, imam e sacerdoti. Tutti erano d'accordo nello stabilire una tregua per poi giungere a un accordo di pace internazionale."

L'acuirsi del conflitto in Medio Oriente coincide con la stagione del cosiddetto Califfato di Abu Bakr al Baghdadi che con gli uomini dell'Isis ha preso il potere su parte del territorio iracheno e siriano. P. Samir vede una connessione fra i due eventi. "Dietro i due fenomeni c'è sempre il fanatismo che continua a crescere. Cresce attraverso gruppi minori, sia in ambito israeliano che in ambito arabo e musulmano. E da entrambe le parti ha purtroppo un background religioso che non facilita la soluzione". "In particolare - aggiunge lo studioso -  il mondo musulmano è in crisi di identità. Deve fare un passo verso l'apertura alla modernità, verso un altro modo di concepire lo stato che sia, almeno in parte, distinto dalla religione". "Questo passo - spiega Samir - è desiderato dalla maggioranza, ed era alla radice di tutti i movimenti della primavera araba. La gente dice: noi rispettiamo la religione, ma vogliamo che la religione ci rispetti". "Questo movimento, che si è rafforzato e ha preso corpo tre anni fa, è contrastato dall'ala musulmana più radicale. E cioè dai Fratelli Musulmani e, più ancora, dai Salafiti e dai terroristi". "In particolare, il progetto del Califfato è sostenuto da una parte, piuttosto giovane, della popolazione musulmana - aggiunge Samir -  convinta che la soluzione per la crisi dell'islam sia il ritorno al VII secolo, all'epoca cioè in cui la religione del profeta Maometto aveva conquistato gran parte del Medio Oriente. Ma la storia non torna indietro. E la maggioranza della popolazione musulmana è contraria a questo progetto del Califfato che vorrebbe resuscitare un mito del passato". 

"Una prova di ciò - spiega Samir - è la proposta di una tregua ragionevole al conflitto israelo-palestinese giunta dall'Egitto, paese che pure non è in una situazione di democrazia, ma che ha condannato così, indirettamente, il movimento di Hamas. La maggioranza del mondo arabo e palestinese, infatti, condanna la posizione di Hamas, perché non la considera la soluzione alla guerra". "E lo stesso avviene in ambito isrealiano - aggiunge Samir - dove la parte più fanatica, pur essendo una minoranza, è in crescita. Alle ultime elezioni presidenziali, infatti, la maggioranza non ha avuto la capacità di scegliere un presidente più vicino alle posizioni pacifiste. Da entrambe le parti qualcosa non va. Servirebbe un maggiore aiuto da parte della comunità internazionale, non tanto dall'Onu che ormai è debole, quanto dai paesi occidentali". 

Padre Samir commenta infine l'iniziale accettazione, da parte di Israele, della proposta di tregua egiziana, respinta invece dall'ala pù oltranzista di Hamas. "Si capisce la reazione di Hamas che chiede di apporre delle condizioni alla tregua. Pretendono l'allentamento della stretta israeliana su Gaza, che non permette neanche di vivere, e la liberazione dei prigionieri palestinesi liberati nel 2011 e poi di nuovo messi in carcere. Sarebbe stato però più giusto che Hamas avesse accettato la tregua, chiedendo poi di apporre delle condizioni". "Comunque - conclude il religioso - finché non si giungerà alla consapevolezza che l'unica soluzione resta quella dei due stati - ribadita dall'Onu fin dal '48 ma finora rifiutata dal premier israeliano Netanyahu - la pace non sarà realizzabile".     








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