2014-07-16 14:55:00

Siria. Assad giura per il terzo mandato: il terrorismo è sconfitto


Il presidente siriano Bashar al-Assad ha prestato giuramento a Damasco per il nuovo incarico ad un terzo mandato di 7 anni, davanti ai rappresentanti politici e religiosi del Paese, annunciando la vittoria sul terrorismo e promettendo ai Paesi che l'hanno sostenuto che la pagheranno. Riconfermato dal voto di giugno,” una farsa”, per le opposizioni, Assad si ritrova in una Siria tuttora in guerra - nonostante l’attenzione internazionale sia distolta dal conflitto in Terrasanta - e minacciata dall’avanzata del cosiddetto Stato islamico dell' Isis, circostanza quest’ultima che potrebbe giocare anche a suo favore come testimonia il suo discorso di insediamento di oggi. Gabriella Ceraso ne ha parato con Andrea Plebani ricercatore dell’ISPI - Istituto Studi di politica internazionale - e docente all'Università Cattolica di Brescia:

R. - In realtà già dal 2012 il fattore estremismo islamico ha giocato un ruolo chiave per la tenuta del regime e per mostrare al mondo intero che i protestanti in realtà non erano dei manifestanti pacifici, ma erano dei terroristi provenienti in gran parte – tra l’altro - dall’estero. In questo modo Bashar al-Assad può giocare su più tavoli: internamente, presentandosi come l’ultimo bastione per la difesa dello Stato siriano nei confronti della sua comunità chiave - quella alawita - ma anche delle minoranze e di quelle fasce di popolazione sunnita che sono fortemente deluse dall’incapacità dell’opposizione; esternamente presentandosi come l’unica opzione, perché l’ascesa di una forza – quella appunto dello Stato islamico – minaccia l’intera regione.

D. - Questa paura dello Jihadismo guiderà anche l’offensiva futura di Assad, che peraltro non si è mai fermata anche se non se ne parla più...

R. - L’offensiva non si è mai fermata, e questo è corretto, ma il presidente siriano ha sempre usato una tattica precisa, concentrando i suoi attacchi contro le forze dell’insurrezione non in quota Isis, utili avversari che, frammentando l’opposizione e combattendo all’interno di essa, gli facilitano il compito.

D. - Le zone orientali della Siria in mano all’Isis, l’asse Nord-Sud gestito da Assad, i ribelli sparsi nel resto del territorio: è questa la futura configurazione della Siria?

R. - Spero fortemente di no. Nessuno, purtroppo, può fare previsioni in questo momento. Quello a cui stiamo assistendo è un rafforzamento dello Stato islamico e dei suoi clientes locali nell’Est della Siria e nel Nord-Ovest dell’Iraq. Ma nessuno in questo momento può dire quanto sia reale il controllo che c’è stato della formazione guidato dal nuovo califfo; quello che è certo è che sempre più formazioni dell’insurrezione siriana, supportata a livello locale, stanno abbandonando le armi perché circondate su due fronti in un certo senso, rafforzando – di fatto - indirettamente il controllo dello Stato islamico.

D. - Comunque sia, nonostante non si parli più né della cacciata di Assad né della cosiddetta liberazione da parte del fronte ribelle del Paese, la Siria potrà mai tornare alla situazione addirittura precedente alla ribellione di tre anni fa?

R. - No, ci sono stati troppi morti: 170 mila vittime, un milione di sfollati, persone che hanno dovuto abbandonare le loro case, spostarsi dal Paese o abbandonare addirittura il Paese stesso. C’è una verità che non potrà essere cancellata mai, soprattutto in un sistema, come quello sorto nella Siria orientale, così segnato dalla presenza di gruppi tribali, che sono degli attori che potremmo dire “si legano al dito” questo tipo di sfide, minacce, e di offese. Quindi la Siria è destinata in un caso o nell’altro ad un profondo cambiamento. Quale sarà il tipo di cambiamento nessuno può saperlo: sarà una suddivisione in un sistema federale ... In questo momento il confine tra Siria e Iraq è messo fortemente in dubbio. Purtroppo il cambiamento è in atto e non sembra essere favorevole alle istanze di democratizzazione e di sviluppo dell’area. Bashar al-Assad manerrà una base di potere comunque importante, ma non potrà riestendere o riacquisire il controllo ottenuto all’indomani della sua presa di potere.








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