2014-07-20 10:00:00

Senegal: passi verso la pace nella regione della Casamance


Segnali di speranza arrivano dal Senegal e in particolare dalla regione della Casamance, attraversata da oltre 30 anni da un conflitto che oppone l’esercito regolare e le locali forze indipendentiste. Si registrano progressi nei negoziati in corso, mediati dalla comunità di Sant'Egidio, che nei giorni scorsi ha riunito le parti intorno a un tavolo. Davide Maggiore ha parlato del contenuto dei colloqui con don Angelo Romano, dell’ufficio Relazioni internazionali della Comunità:

R. – Il punto che è stato trattato era quello delle questioni umanitarie. Si è cercata una base comune per riuscire a trovare mezzi e metodi per alleviare le sofferenze della popolazione. In questo senso sono state prese alcune misure, che nelle prossime settimane saranno rese pubbliche: vanno sottolineate sia la crescente volontà di pace delle due parti sia la crescente capacità di collaborazione che ha prodotto già passi in avanti molto importanti e concreti.

D. – Uno di questi passi avanti, un altro segnale positivo per quanto riguarda la risoluzione del conflitto, è il cessate il fuoco unilaterale dichiarato dagli indipendentisti nelle scorse settimane...

R. – Proprio ad aprile il capo del movimento indipendentista della Casamance, Salif Sadio, ha dichiarato in un’intervista il cessate il fuoco unilaterale che è un po’ il prodotto di quello che era stato il lavoro fatto a Roma tra le due delegazioni – nel mese di febbraio – quando è stato approvato un documento su misure di fiducia reciproca. Queste misure sono estremamente importanti perché permettono in qualche modo al movimento indipendentista di riaprire canali di dialogo politico con la popolazione e allo stesso tempo in qualche modo lo investono di una responsabilità nei confronti del suo comportamento relativo al conflitto. Di fatto, negli ultimi due anni - da quando è cominciato il negoziato a Sant’Egidio - non ci sono più episodi gravi di attacchi o scontri armati; tutt’al più, si notano incidenti: purtroppo, la Casamance è una regione in cui ci sono molte armi e banditismo. Quello che è certo è che le due parti effettivamente stanno facendo uno sforzo enorme per garantire una sorta di clima favorevole al negoziato.

D. – E’ possibile in questo contesto ipotizzare i prossimi passi, le prossime priorità da affrontare nella trattativa di pace tra le due parti?

R. – Diciamo che ci sono alcuni temi estremamente importanti che saranno trattati e, non c’è dubbio, che il tema più importante è proprio quello del futuro di questa regione, cioè cosa diventerà la Casamance. Questo è il punto di partenza. Non bisogna avere paura di aprirsi a prospettive diverse. Credo che questo sia proprio lo spirito del negoziato a Roma: mettere al centro ciò che unisce le due parti e ciò che potrebbe permettere un compromesso. Penso che in questo la volontà della popolazione locale sia molto importante, ovvero, una volontà di pace chiara espressa in tanti modi. Anche la Chiesa cattolica di Casamance ha fatto la sua parte: più volte ha ospitato manifestazioni di pace ed in questo è seguita anche dalle altre comunità religiose della Casamance, che hanno una tradizione di coabitazione molto bella, molto importante.

D. – Quale può essere dunque il ruolo della società civile della Casamance nel facilitare queste trattative, nel facilitare il raggiungimento di un compromesso?

R. – La società civile come sempre è molto importante nell’esprimere i suoi desideri, che in qualche modo il mondo politico deve recepire; poi, è chiaro che tutto questo avverrà nei modi e nelle forme della rappresentanza politica. Credo che, in ogni caso, l’associazionismo, le comunità religiose possono e devono giocare un ruolo di pacificazione, perché devono rappresentare una risorsa in più. Da questo punto di vista penso ci sia, in maniera sempre più diffusa, una chiara volontà di pace.








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