2014-07-20 10:00:00

Sport: fede e famiglia sulla nuova pista di Luca Panichi


Il libro 'La mia corsa… continua' è il racconto delle emozioni e delle esperienze di una gara speciale, quella contro il cancro, di Luca Panichi, ex atleta di 45 anni, ora allenatore. Un’idea che è nata su Facebook ed è stata poi portata a compimento grazie a Vania Piovosi, giornalista e amica di famiglia. Al microfono di Paolo Giacosa, l'autore ha raccontato la sua riscoperta del valore della fede e del rapporto con il prossimo:

R. - Il titolo del libro è 'La mia corsa... continua' ed è arrivato in un momento particolare, dopo tanti anni della mia attività sportiva, come atleta a livello agonistico, e dopo tanti successi. La corsa per me è sempre stata uno stile di vita, ma ad un tratto - il 14 dicembre del 2012 - la vita cambia, perché un male ti stravolge un po’ tutto… A quel punto dovevo cercare quella forza interiore per dimostrare che il male va affrontato in tutte le sue forme. E ho riscoperto tantissime cose che erano nascoste, forse erano in un cassetto: la cosa fondamentale è una fede in Cristo che forse era un po’ piena di polvere. Luca si era allontanato dalla fede e non la fede da Luca! L’idea del libro è nata dal rapporto con Facebook, perché a volte parliamo molto male di questi social network: Facebook per me è stato invece molto importante, anche perché poi alla fine dovevo coinvolgere in questa corsa i miei atleti che alleno, la Federazione italiana di atletica leggera, tutte le persone che conosco; tutte le persone che mi vogliono bene dovevano sapere e darmi quindi la forza, darmi la carica per affrontare questa cosa. Grazie all’amica giornalista Vania Piovosi. Vedendo che scrivevo su Facebook, mi ha detto: “Scrivi tanti bei pensieri, tante cose scritte dal profondo”. Anche quando ero sotto terapia, con la chemio al braccio, col mio cellulare, scrivevo: raccontavo la mia corsa; raccontavo che ero in gara; raccontavo ogni momento, ogni passaggio; raccontavo il sudore; raccontavo la fatica; raccontavo i rifornimenti; raccontavo che ero stanco, che avevo sonno, che avevo voglia di dormire, ma che non potevo dormire perché in corsa non si dorme. Allora Vania mi ha detto: “Questo messaggio deve andare avanti”! L’idea del libro è nata così: un racconto non solo di emozioni, ma di esperienze di vita, di quel cambiamento che la malattia ha portato. E poi anche la prefazione del libro dell’amico Stefano Mei, campione dell’atletica degli anni Ottanta, è stato un messaggio di affetto.

D. - Il titolo lega a doppio filo la tematica della malattia con la sua grande passione, che è l’atletica. Molte, infatti, sono le similitudini che emergono tra queste due esperienze…

R. - Sicuramente sì, perché poi alla fine si capisce che il reparto di oncologia diventa la mia pista e la corsa si fa più dura perché - nonostante un anno e mezzo in cui le cure stanno andando bene - ultimamente c’è stato un intoppo sul mio percorso: perché scoprire un adenocarcinoma con il 5 per cento di possibilità di vivere in cinque anni, sicuramente fa capire che la clessidra della vita scende…

D. - Colpisce non poco la frase “senza la malattia non avrei cambiato in meglio la mia vita”: la difficoltà viene quindi vista come mezzo per apprezzare profondamente la vicinanza dei propri cari e l’importanza della fede?

R. - Sicuramente sì, perché - e questo lo dico spesso - il mio compleanno adesso non è più il 20 novembre del ’69, il mio nuovo compleanno è il 14 dicembre del 2012: è morto un Luca, non un Luca sbagliato - da piccolo ho anche partecipato ad Azione Cattolica in Toscana, ho frequentato la parrocchia - ma la mia fede era “costruita”, in un certo modo; poi ci sono dei passaggi della vita durante i quali hai dei dubbi. Quel 14 dicembre è stato rinascere un’altra volta, perché il male non è mai la totale assenza del bene. Ho trovato posti per pregare. Adesso quando recito le preghiere ho una forza completamente nuova.

D. - Il 14 maggio scorso ha omaggiato il suo libro al Santo Padre: come è stato questo incontro?

R. - Una cosa immensa! Sono stati un paio di minuti… Non ho voluto avere giri di parole: gli ho dato la mano e gli ho detto: “Ciao Francesco, sono Luca”. Io non dimenticherò mai le sue parole, mai! Quelle parole mi danno forza e resteranno dentro di me per sempre!








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