2014-07-24 14:15:00

Tregua in Centrafrica. Una suora: una speranza, ma situazione precaria


Il primo accordo di cessate il fuoco in Centrafrica, dopo oltre un anno di violenze. È quello raggiunto al Forum per la riconciliazione svoltosi a Brazzaville, nella Repubblica del Congo. A firmare l’intesa, i rappresentanti delle due principali forze belligeranti, i ribelli Seleka - andati al potere nel marzo 2013 con Michel Djotodia, dimessosi poi a gennaio - e le milizie anti Balaka. Gli scontri hanno provocato migliaia di vittime, soprattutto civili, e sfollati. La tregua impegna alla cessazione delle ostilità, ma non stabilisce il disarmo e la smobilitazione dei combattenti, né una road map per la normalizzazione politica. Il documento, già contestato da una fazione della Seleka non presente ai colloqui, appare comunque “un primo passo” verso di un dialogo nazionale, ha detto il presidente congolese Denis Sassou Nguesso. Ma qual è la situazione sul terreno nella Repubblica Centrafricana? Giada Aquilino lo ha chiesto a suor Paola Gabrieli, delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù, da 13 anni a Bimbo, alla periferia di Bangui:

R. - La situazione qui è sempre stagnante, nel senso che appena c’è qualche provocazione tra gli anti Balaka e i Seleka, si uccidono senza pietà.

D. - Ci sono ancora violenze?

R. - Che io sappia, qui nella capitale no. Mi hanno detto che la settimana scorsa nella zona dell’aeroporto ci sono stati ancora disordini.

D. - Tra la gente c’è fiducia che la tregua regga?

R. - La speranza c’è sempre, ma la situazione non è sotto controllo.

D. - In che condizioni si vive oggi in Centrafrica?

R. - Soprattutto gli sfollati, si trovano in una situazione veramente precaria, sono accampati. Hanno il necessario per sopravvivere perché gli organismi umanitari fanno qualcosa, ma rimane il problema fame, il problema sicurezza. Soprattutto in questo momento, nella stagione delle piogge, c’è molta umidità e questo porta malattie ai bronchi e malaria.

D. - Lei di cosa si occupa?

R. - Mi trovo in una casa accoglienza per bambini orfani e in situazioni di disagio. Abbiamo 47 ospiti, una scuola materna e elementare. Siamo riusciti qui nella capitale a fare gli esami e a rendere valido l’anno scolastico, nonostante tutto.

D. - Voi accogliete bambini senza distinzione…

R. - Sì, senza distinzione, nel senso che non facciamo differenze di religione; l’importante è che abbiano un’educazione integrale.

D. - In questi mesi per il Centrafrica si è parlato di scontri a sfondo religioso: qual è la situazione?

R. - È soltanto una scusa, perché ci sono sempre le grandi potenze che hanno interessi sulle risorse dell’Africa, soprattutto il petrolio nel nostro caso. La religione è un ripiego, che nasconde altri interessi.

D. - Qual è l’impegno della Chiesa in questo momento in Centrafrica? L’arcivescovo di Bangui, in un’intervista a ‘La Semaine africaine’, ha detto che “è tempo di trovare soluzioni” al conflitto…

R. - L’arcivescovo Nzapalainga non fa altro che testimoniare insieme all’Imam Layama che c’è volontà di pace; appena è possibile, riescono ad essere di sostegno spirituale a chi soffre. Anche il nunzio, l’arcivescovo Coppola, che è intervenuto nell’assemblea dei vescovi del mese scorso, ha cercato di scuotere la coscienza di tutti, invitando ad essere aperti verso tutti, anche i musulmani e altri, per un amore universale.








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