2014-07-24 14:19:00

Meriam libera, ma un'altra donna, madre di 8 figli, costretta ad abiurare


Finito l’incubo per Meriam: la giovane cristiana sudanese di 26 anni condannata a morte quando era all'ottavo mese di gravidanza per apostasia, è giunta in mattinata con un volo di Stato italiano a Ciampino, dove l'ha attesa il premier Renzi che ha parlato di “giorno di festa". L’Italia ospiterà Meriam e la sua famiglia per momenti di riposo prima del volo per New York. La sua vicenda purtroppo non è un caso isolato. Il servizio di Fausta Speranza:

Condanna a morte e 100 frustate per adulterio. L’accusa: aver sposato un cristiano, lei considerata musulmana perché figlia di musulmano, ma Meriam non ha vissuto con il padre bensì con la madre che l’ha educata alla fede cristiana, che non rinnega: da qui l’accusa di apostasia. Dopo la condanna a maggio, il carcere insieme con il figlio di 20 mesi. Letteralmente in catene Meriam partorisce la piccola Maya. Il caso sciocca e mobilita il mondo. Il 23 giugno la liberazione e il tentativo di lasciare il Sudan con il marito che ha anche passaporto statunitense, ma ci sono ancora difficoltà e diversi fermi per motivi burocratici. Renzi nel suo primo discorso da presidente di turno dell’Ue cita il caso. L’Italia media con Khartoum e l’odissea si conclude con l’arrivo a Roma.

Il caso Meriam è emblematico di tanti altri. In molti Paesi del mondo il diritto alla libertà religiosa non esiste, in tanti, al di là dei riconoscimenti ufficiali, non viene rispettato. Fausta Speranza ne ha parlato con mons. Mansueto Bianchi, presidente della Commissione Cei per l'ecumenismo e il dialogo interreligioso:

R. – Quando si tratta della libertà religiosa, non si tratta di un qualunque tipo di libertà e men che meno di una libertà periferica – per così dire – nella vita e nella vicenda di una persona. Si tratta della radice di tutte le libertà, perché si tratta di un mondo di convinzioni e di valori che si collocano proprio nella profondità della persona e dai quali la persona stessa trae orientamenti, criteri di scelta, di giudizio, di relazione per la propria vita. E la mancanza contro questo diritto alla libertà religiosa colpisce alla radice la dignità umana. E colpisce la radice di ogni libertà.

D. – Il caso di Meriam: donna, giovane, incinta all’ottavo mese, che partoriva in carcere, condannata a morte, alla fustigazione per non voler rinnegare la propria fede, ha toccato il mondo. Ma bisognerebbe fare più spesso, al di là di questi casi eclatanti, una riflessione più profonda sul problema della libertà religiosa...

R. – Io credo proprio di sì. Credo soprattutto che bisognerebbe impegnarci ad avere un rispetto autentico della coscienza delle persone. E questo non vale soltanto per una certa fascia geografica o culturale; vale anche per il nostro Occidente considerato così progredito. Bisogna riconoscere il primato della coscienza della persona e rispettarlo, accoglierlo e farne un valore in quanto tale, di fronte al quale nessuno deve permettersi di entrare a passo di marcia battendo il passo, di manipolarlo. Questa vicenda, poi, è stata una vicenda assolutamente atroce, perché una donna che viene umiliata fino al punto di essere costretta a partorire in carcere, a partorire in catene, è veramente una vicenda che non solo calpesta la dignità della donna ma che, in un certo senso, ferisce la dignità del Paese e anche delle persone che hanno tramato e adottato questa linea di comportamento nei confronti di Meriam. E’ un assoluto atto di disumanità che chiede una condanna e una riprovazione senza ‘se’ e senza ‘ma’, e chiede la vigilanza dell’intelligenza e della coscienza perché queste cose non capitino; come invece stanno ampiamente capitando nel nostro tempo e attorno a noi. Vorrei aggiungere un’altra, brevissima cosa: vorrei che queste vicende non ci persuadessero a imboccare linee di reciprocità dura nel rapporto con certi Paesi o con certe culture, come istintivamente saremmo portati a fare; ma ci aiutino invece a credere ancora più profondamente nella strada del dialogo che dobbiamo per primi praticare, soprattutto con quelle componenti di quei Paesi o di quelle culture e di quelle esperienze religiose che provano essi stessi riprovazione ed esprimono condanna di fronte a questi avvenimenti, a queste vicende.

D. – Un dialogo in cui devono essere protagonisti anche i laici: vogliamo ricordare che il diritto alla libertà religiosa è anche il diritto a non credere, quindi coinvolge direttamente anche persone non credenti, laiche …

R. – Certo. E mi pare importante e interessante. Abbiamo avvertito voci di condanne e di allarme su questo versante, anche non soltanto dall’ambito cattolico, cristiano in generale, ma anche dall’ambito laico o non credente. A dire il vero, qualche voce più alta e un po’ più frequente non mi sarebbe dispiaciuta, come non mi sarebbe dispiaciuta qualche altra voce nell’ambito islamico, di condanna per questa vicenda. Però, ripeto, qui si tratta di un problema di ragione e di coscienza, prima ancora che di religione …

In prima linea a denunciare e seguire il caso, l’organizzazione Italians for Darfur. La presidente, Antonella Napoli, nell’intervista di Fausta Speranza, esprime la sua gioia per Meriam ma chiede di non abbassare la guardia:

R. – Siamo riusciti a coronare il sogno di Meriam, di incontrare il Papa. Oggi questo è stato possibile grazie al viceministro degli Esteri Lapo Pistelli e al premier Matteo Renzi, che si è impegnato per questo caso, e a padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede. La cosa importante era che Meriam, che ha dimostrato questa grande fede, potesse essere accanto a Papa Francesco e mostrare ancora una volta questa sua grande, immensa fede che è stata la sua forza, insieme all’amore del marito Daniel e della sua famiglia.

D. – Una preghiera sicuramente di ringraziamento per tutte le preghiere che ha ricevuto da parte di tutti i cristiani, ma soprattutto una preghiera per quanti ancora stanno in condizioni simili alla sua …

R. – Assolutamente, perché non è finita. Infatti, il nostro impegno continua: abbiamo appena avuto notizia di un nuovo caso di una donna che è stata costretta ad abiurare: madre di otto figli, era stata condannata a morte per apostasia. E’ stata costretta ad abiurare e questo è stato denunciato dal vescovo. Purtroppo, non è l’unico caso dichiarato che sia stato reso pubblico. In più, è in atto una vera e propria persecuzione nei confronti dei cristiani. Mi raccontavano esponenti del clero che ho incontrato in Sudan, che spesso viene impedito di seguire le funzioni … c’è un grande ostracismo; spesso ai sacerdoti e agli stessi vescovi che escono dal Paese non vengono dati i visti per rientrare nel Paese … Quindi la situazione è di grande pericolo. Noi dobbiamo evitare che questo accada perché nessuno deve rinunciare alla propria fede, nessuno dev’essere condannato per la propria fede e ci dovrà essere, un giorno, una libertà in tutto il mondo per tutte le religioni. Mi auguro che tutto questo possa essere un giorno superato: con la fede, con l’impegno per i diritti umani io sono certa che questo possa essere ottenuto. La mia gioia più grande è aver visto su Maya, la piccola venuta alla luce in carcere, il vestitino che le ho portato quando li ho incontrati a Khartoum qualche settimana fa …








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