2014-07-27 15:57:00

In Mostra a Fabriano l'arte da Giotto a Gentile


Fabriano riparte dall’arte. Inaugurata ieri, 26 luglio,  presso la Pinacoteca Civica della città marchigiana la mostra «Da Giotto a Gentile. Pittura e scultura fra Due e Trecento». Un centinaio  le opere esposte, tra capolavori riconosciuti e personalità finora poco esplorate. Tra queste spicca il Maestro di Campodonico che  rielabora la lezione appresa da Giotto ad Assisi attraverso un linguaggio plastico e teatrale. Esposta anche la scultura lignea di sant’Elena, madre di Costantino,  scoperta recentemente e attribuita al Maestro dei Magi dal curatore dell’esposizione Vittorio Sgarbi. Paolo Ondarza lo ha intervistato:

R. - Una grande mostra di arte italiana come questa, per la presenza degli artisti che la contraddistingue, ha come opere esposte soltanto opere religiose. Questo ci fa riflettere su un fatto abbastanza singolare: arte cristiana ed arte coincidono in larga misura; ogni immagine esposta rappresenta una Madonna, il Cristo o i Magi … Mi pare sia una dato che dà una consapevolezza piena dell’importanza del cristianesimo per la produzione della bellezza.

D. - Quale il legame tra Giotto e le Marche? È esistita una scuola marchigiana che discende direttamente da Giotto?

R. - Giotto è nella coscienza di tutti gli artisti: gli artisti del ‘300 e del ‘700 sono stati tutti ad Assisi. Ad Assisi arrivano artisti di ogni parte d’Italia che poi ritornano nelle loro contrade. Quelli che sono più sedotti dalla pittura di Giotto o ne danno migliore risposta sono i pittori riminesi. Nel caso di Fabriano è sufficiente dire che una civiltà artistica si può intendere come tale quando si manifesta in modo originale in tutte le espressioni artistiche. Qui abbiamo, parallelamente all’esperienza suprema del Maestro di Campodonico, anche un altrettanto grande - forse la più grande - esperienza ed espressione artistica in scultura nelle Marche: si tratta del Maestro dei Magi, un maestro che fa delle grandi sculture monumentali; ne abbiamo anche trovato una proprio in occasione della mostra fin qui sconosciuta, si chiama Sant’Elena. È veramente uno scultore grande, ma che ha il gusto dell’ornamento, delle decorazioni delle belle stoffe ... Quindi il fatto di avere contemporaneamente in uno stesso luogo, piccolo come Fabriano, un pittore ed un grande scultore fa intendere che questa identità di scuola di Fabriano si articoli non soltanto in un episodio ma in più esperienze.

D. - Si parla spesso della cultura come risorsa su cui si dovrebbe puntare in questo momento di crisi. A Fabriano tale crisi, parliamo in termini economici, è particolarmente sentita. L’arte può davvero risollevare oltre che gli animi, anche le economie? Si sta facendo qualcosa?

R. - L’Italia quasi ovunque custodisce tesori… Entri in una Chiesa e trovi una quantità di meraviglie di diversi momenti ed epoche. Questo patrimonio artistico può produrre l’inevitabile effetto di cui parliamo, quello di un’attrazione per la ricerca e la conoscenza di questi luoghi che le occasioni speciali come le mostre accendono temporaneamente. Fabriano è una città che è vissuta soprattutto di industria con gli elettrodomestici Merloni, Indesit … ora tale industria è in crisi. Ieri ho scoperto che 39 disoccupati hanno trovato un posto di lavoro per fabbricare questa mostra. È chiaro poi che da lì deriverà che chi viene a visitare la mostra - tra alberghi, ristoranti, etc… - accenderà un’economia che altrimenti sarebbe morta visto il limitato afflusso se non mercantile in queste città. Da questo punto di vista la strada giusta è esattamente questa: promuovere il turismo attraverso il tesoro del patrimonio artistico. È l’ignoranza che blocca l’economia legata alla bellezza, ma è inevitabile che quella bellezza produca economia. Non mi pare molto complicato, solo che in assenza del Ministero del turismo che è stato cancellato con un referendum, è difficile che tutto ciò diventi realtà. Sono estremamente convinto che sia non dico possibile, ma sia inevitabile produrre economia in Italia con la cultura. E se non viene fatto, significa che gli uomini non sono capaci.








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