2014-07-30 14:32:00

A Gaza è tregua parziale. Msf: basta bombardare gli ospedali


“Per Gaza la soluzione deve essere diplomatica, Israele ha esaurito l'opzione militare": con queste parole invoca la fine delle ostilità l’ex presidente israeliano, Shimon Peres, parlando con la stampa, mentre in tutta la mattinata le ostilità sono aumentate portando a oltre 1.200 le vittime tra i palestinesi. Tutto da verificare sembra per ora l’annuncio di una tregua umanitaria solo in alcune zone di Gaza che dovrebbe scattare dalle 14 ora italiana. Il servizio di Gabriella Ceraso:

Ottanta gli obiettivi raggiunti nella Striscia di Gaza dall’offensiva israeliana nelle ultime ore, tra cui cinque moschee. Una sessantina i morti palestinesi, comprese due intere famiglie a Khan Younis, 53 invece i soldati di Israele uccisi. El Salvador, Perù e Cile richiamano da Gerusalemme i loro ambasciatori e la trattativa è allo stallo .”Chi mette razzi nelle scuole viola la nostra neutralità”, fa sapere il Servizio rifugiati dell’Onu rispondendo intanto all’ennesimo attacco a una delle sue scuole, la notte scorsa a Jabalya, dove hanno trovato la morte 23 persone. L’Onu condanna in termini molto fermi la grave violazione del diritto internazionale da parte israeliana e chiede alla comunità internazionale “un’azione politica forte per mettere fine alla carneficina in corso”. Altrettanto fermo è l’appello alla tutela dei civili, alla garanzia delle cure e alla salvaguardia degli ospedali che lancia i nostri microfoni il capo missione di Medici senza frontiere a Gerusalemme, Tommaso Fabbri :

R. – Il problema principale è che i civili, oggi come oggi, fuggono dalle zone di violenza e non sanno dove possono andare. "Shifa Hospital" è uno degli esempi lampanti, perché ci sono duemila sfollati e non si sente la sicurezza neanche là, dopo quello che è successo all’ospedale due giorni fa quando c’è stata un’esplosione nella zona ambulatori.

D. – Com’è lavorare e spostarsi in questo momento a Gaza?

R. – E’ difficilissimo. Cerchiamo di ridurre i movimenti al minimo, perché ogni movimento mette a rischio la vita.

D. – Al di là delle emergenze, è vero che non vengono più forniti neanche i servizi medici di base?

R. – Quelli che sono i “primary health care”, ambulatori di primo servizio, nella città di Gaza, per fare un esempio, su 13 ce ne sono solo quattro aperti e non sempre. Ma anche quelli aperti non ricevono persone quando, spesso e volentieri, ci sono bombardamenti intensi. Quindi, sì i centri di maternità infantile sono un problema, le malattie croniche sono un problema e per tutti coloro che devono ricevere cure a lungo termine in questo momento è un vero e proprio problema.

D. – C’è una collaborazione da parte del governo israeliano?

R. – Per tutto quello che è emergenza, so che ci sono collaborazioni tra il Ministero della salute, tra Ramallah e Israele. Penso che, oggi come oggi, il problema maggiore sia per quelli che non sono a rischio di vita imminente, ma che se non ricevono cure adeguate lo saranno tra poco. Questo è il problema che Stati come Israele e l’Egitto dovrebbero prendere in considerazione.

D. – Sono emergenze chirurgiche quelle che seguite?

R. – Noi ci troviamo nell’ospedale di Shifa e siamo in chirurgia, terapia intensiva e urgenze. I tipi di pazienti che abbiamo sono vittime, spesso e volentieri, da politrauma, civili e la maggior parte sono bambini.

D. – Perché serve una tregua definitiva?

R. – Per la popolazione di Gaza, per i civili che non sanno dove andare e subiscono violenza massiva.

D. – Quando scatta una tregua umanitaria di poche ore riuscite a fare qualcosa?

R. – Riusciamo a raggiungere i nostri pazienti regolarmente, quindi arriviamo a casa loro o loro possono arrivare alle nostre cliniche. Già questo è qualcosa di positivo. Le persone di Gaza possono arrivare a comprarsi da mangiare, a ritirare soldi e riuscire a fare il minimo per riorganizzarsi. Quindi, sì, la tregua umanitaria è importante ma non è una soluzione. Noi vogliamo che gli ospedali non vengano bombardati e che i civili vengano rispettati e non uccisi pagando il prezzo per tutto questo tempo. Non bisogna aspettare una tregua umanitaria per non bombardare le zone civili e per non bombardare gli ospedali.

D. – Sta iniziando una nuova giornata che cosa aspettarsi?

R. – In questa situazione ci si aspetta di tutto. Io, più che altro voglio fare una richiesta, chiedo che gli ospedali siano sempre più rispettati e chiedo che l’accesso alla salute per i civili sia garantito

D. – I proclami in questi giorni sono tanti, ma la gente cosa prova, come vi appare?

R. – La gente è sconfortata, ha paura, vuole pace. La gente vuole respirare e far crescere i figli in maniera normale e non lasciarli tutto il giorno all’interno di una stanza perché non possono nemmeno uscire in giardino a giocare per il rischio che cada una bomba.








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