2014-07-30 20:01:00

Gaza: Hamas rifiuta tregua. Ban ki moon: atto scandaloso attacco a scuola Onu. Msf: tutela per ospedali


E’ ancora guerra a Gaza. Hamas ha rifiutato la tregua umanitaria di quattro ore annunciata da Israele dalle 15 locali. Durissima la condanna per l’attacco di Israele alla scuola dell’Onu a Gaza: “un atto ingiustificabile” e “scandaloso” ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki moon.  E, condanna anche verso Hamas, che nasconde le sue armi negli edifici scolastici di Gaza. Il servizio di Roberta Gisotti

Non appena le lancette hanno segnato le 15, da Gaza sono partiti razzi da Ashkelon, Ashdod e dalla costa. Poco dopo il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha definito la tregua, “totalmente inutile”, proclamata da Israele “a fine mediatici”, perché non avrebbe incluso “l’intera Striscia, ma solo aree dove già non si combatte”. E le armi continuano a mietere morti a Gaza - 17 oggi nel mercato di Sajaya - oltre 1200 dall’inizio dell’offensiva di Israele sotto la pioggia di razzi di Hamas. E sono 56 sono i militari israeliani rimasti uccisi. Stamane l’ex presidente dello Stato ebraico Shimon Peres, ha dichiarato “Per Gaza la soluzione deve essere diplomatica, Israele ha esaurito l’opzione militare”. “Bisogna che Gaza – ha aggiunto l’ex capo di Stato israeliano parlando con i giornalisti - sia posta di nuovo sotto il controllo dell’Autorità nazionale palestinese, presieduta da Abu Mazen. Riguardo l’attacco, a Jabaliya, alla scuola dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i profughi palestinesi - 23 le vittime secondo l’ultimo bilancio - i soldati israeliani avrebbero replicato a dei colpi di mortaio sparati da militanti palestinesi dalle vicinanze dell’edifico scolastico. Questa la versione di un portavoce militare israeliano. Severissima la condanna dell’Onu per questa “grave violazione del diritto internazionale”. E, ferma anche la condanna di Hamas che viola la neutralità dei locali Onu: riserve di razzi, - informa la stessa Unrwa - sono state trovate per la terza volta in scuole di Gaza. “Dove sono umanità e moralità?”, si è chiesta Valerie Amos, responsabile per gli affari umanitari delle Nazioni Unite.

Altrettanto fermo è l’appello alla tutela dei civili, alla garanzia delle cure e alla salvaguardia degli ospedali che lancia il capo missione di Medici senza frontiere a Gerusalemme, Tommaso Fabbri, al microfono di Gabriella Ceraso :

R. – Il problema principale è che i civili, oggi come oggi, fuggono dalle zone di violenza e non sanno dove possono andare. "Shifa Hospital" è uno degli esempi lampanti, perché ci sono duemila sfollati e non si sente la sicurezza neanche là, dopo quello che è successo all’ospedale due giorni fa quando c’è stata un’esplosione nella zona ambulatori.

D. – Com’è lavorare e spostarsi in questo momento a Gaza?

R. – E’ difficilissimo. Cerchiamo di ridurre i movimenti al minimo, perché ogni movimento mette a rischio la vita.

D. – Al di là delle emergenze, è vero che non vengono più forniti neanche i servizi medici di base?

R. – Quelli che sono i “primary health care”, ambulatori di primo servizio, nella città di Gaza, per fare un esempio, su 13 ce ne sono solo quattro aperti e non sempre. Ma anche quelli aperti non ricevono persone quando, spesso e volentieri, ci sono bombardamenti intensi. Quindi, sì i centri di maternità infantile sono un problema, le malattie croniche sono un problema e per tutti coloro che devono ricevere cure a lungo termine in questo momento è un vero e proprio problema.

D. – C’è una collaborazione da parte del governo israeliano?

R. – Per tutto quello che è emergenza, so che ci sono collaborazioni tra il Ministero della salute, tra Ramallah e Israele. Penso che, oggi come oggi, il problema maggiore sia per quelli che non sono a rischio di vita imminente, ma che se non ricevono cure adeguate lo saranno tra poco. Questo è il problema che Stati come Israele e l’Egitto dovrebbero prendere in considerazione.

D. – Sono emergenze chirurgiche quelle che seguite?

R. – Noi ci troviamo nell’ospedale di Shifa e siamo in chirurgia, terapia intensiva e urgenze. I tipi di pazienti che abbiamo sono vittime, spesso e volentieri, da politrauma, civili e la maggior parte sono bambini.

D. – Perché serve una tregua definitiva?

R. – Per la popolazione di Gaza, per i civili che non sanno dove andare e subiscono violenza massiva.

D. – Quando scatta una tregua umanitaria di poche ore riuscite a fare qualcosa?

R. – Riusciamo a raggiungere i nostri pazienti regolarmente, quindi arriviamo a casa loro o loro possono arrivare alle nostre cliniche. Già questo è qualcosa di positivo. Le persone di Gaza possono arrivare a comprarsi da mangiare, a ritirare soldi e riuscire a fare il minimo per riorganizzarsi. Quindi, sì, la tregua umanitaria è importante ma non è una soluzione. Noi vogliamo che gli ospedali non vengano bombardati e che i civili vengano rispettati e non uccisi pagando il prezzo per tutto questo tempo. Non bisogna aspettare una tregua umanitaria per non bombardare le zone civili e per non bombardare gli ospedali.

D. – Sta iniziando una nuova giornata che cosa aspettarsi?

R. – In questa situazione ci si aspetta di tutto. Io, più che altro voglio fare una richiesta, chiedo che gli ospedali siano sempre più rispettati e chiedo che l’accesso alla salute per i civili sia garantito

D. – I proclami in questi giorni sono tanti, ma la gente cosa prova, come vi appare?

R. – La gente è sconfortata, ha paura, vuole pace. La gente vuole respirare e far crescere i figli in maniera normale e non lasciarli tutto il giorno all’interno di una stanza perché non possono nemmeno uscire in giardino a giocare per il rischio che cada una bomba.








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