2014-07-31 13:48:00

Scontri in Libia, appello del vicario apostolico a Bengasi: Onu intervenga


Situazione critica in Libia, dove continuano gli scontri e la fuga di migliaia di persone dal Paese. Anche la Spagna ha rimpatriato gran parte del suo personale diplomatico e sono ripresi gli scontri a Tripoli per il controllo dell’aeroporto. Particolare apprensione a Bengasi, dove il portavoce della milizia islamista Ansar al-Sharia ha annunciato la costituzione di un “emirato islamico”, scenario che però il ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, ha definito "tutto da verificare". Intanto, il parlamento appena eletto ha dovuto annullare la sua riunione inaugurale, prevista proprio a Bengasi per il 4 agosto. Davide Maggiore ha raggiunto telefonicamente in città il vicario apostolico, mons. Sylvester Magro:

R. - C’è molta insicurezza, perché non c’è una polizia che si assume la responsabilità nel Paese. Noi, come tutti gli stranieri, ci muoviamo con molta cautela: cerchiamo specialmente di non uscire la sera o molto presto al mattino, prima cioè che non vi sia altra gente in strada, macchine in giro e che le città non comincino il loro ritmo di vita. In quelle ore ci sentiamo molto più tranquilli.

D. - Ci sono stati anche degli episodi di attacchi: nelle scorse settimane, ad esempio, è stato attaccato un lavoratore filippino cristiano ed è stato ucciso. Ci sono stati episodi di violenze specifiche contro i cristiani?

R. - Noi abbiamo sentito solo di quel filippino, al quale è capitata questa tragedia… Di altri episodi di questo tipo contro i cristiani non abbiamo sentito niente. Alcuni filippini e indiani sono stati presi: qualche volta sono stati rilasciati e altre volte non si è mai saputo cosa sia successo loro… Ma di atti specificatamente diretti contro i cristiani, non abbiamo finora sentito niente.

D. - Quali sono le difficoltà per svolgere il vostro ministero cristiano?

R. - Ci sono queste bande che girano e questo incute molta paura nella gente: molti non rischiano di venire alla Messa, il venerdì, alle 10.30 del mattino. Qui celebriamo la Messa domenicale il venerdì, il giorno festivo dei musulmani. Noi cerchiamo di andare nei loro locali a celebrare Messa: quindi usciamo dalla nostra chiesa e andiamo verso di loro, verso i centri dove sono più numerosi i cristiani per portare il conforto dei Sacramenti e della preghiera.

D. - In che modo la fede vi aiuta a vivere questa situazione di grande difficoltà?

R. - Noi cerchiamo di vivere sempre con grande fiducia in Dio. Preghiamo la Madonna, Regina della Pace, e naturalmente ci affidiamo a Lei per la nostra incolumità, perché non si sa cosa potrebbe succedere… La situazione è talmente caotica che è difficile veramente orientarsi nello svolgimento del nostro ministero. Perciò confidiamo nella provvidenza misericordiosa del Signore, che ci sostenga con la sua presenza nella nostra vita, in quella di tanti cristiani cattolici e di tanta altra gente che ha bisogno della pace per vivere, per svolgere il loro dovere.

D. - C’è qualcosa che - secondo lei - la Comunità internazionale, gli altri Paesi e l’Occidente potrebbero fare per aiutare la popolazione libica tutta, che soffre di questa situazione a Bengasi?

R. - Aspettiamo che qualcuno intervenga per fermare gli scontri, come - per esempio - le Nazioni Unite, per fare il possibile per interrompere questo stato di cose. Questa è la rovina del Paese, anche socialmente perché porta molti squilibri, molte tensioni, molto odio, molta violenza… E’ difficile guarirne! Quindi se le Nazioni Unite facessero uno sforzo per cercare di riconciliare gli animi e trovare una soluzione o un piano che sia accettabile per tutti, questa potrebbe essere la soluzione a questa tragedia.

D. - C’è un appello che lei vuole fare a chi ci ascolta, attraverso la Radio Vaticana?

R. - Ricordarci nella preghiera, perché quella ci sostiene! Ringraziare il Signore per la pace che godono i nostri Paesi, perché è veramente un dono: se si perde la pace, si perde tutto! Che preghino per noi.








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