2014-08-01 14:45:00

Gaza: tregua violata, stop negoziati. Hamas rapisce soldato israeliano


E’ stata violata dopo poche ore la tregua di tre giorni scattata stamattina in Medio Oriente e accettata per la prima volta da entrambe le parti al 25.mo giorno di offensiva. I colloqui sono allo stallo, le vittime solo stamani a Gaza sono state una cinquantina e, ad aggravare la situazione, la notizia del rapimento di un soldato israeliano nella Striscia. “Non servirà una tregua se Gaza resta una terra disperata dove crescono paura e frustrazione”, fa sapere il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Fouad Twal, che chiede sostegno concreto. Il servizio di Gabriella Ceraso:

Colloqui rimandati a sabato. E’ una fonte egiziana a comunicarlo alle delegazioni israeliana e palestinese, attese al Cairo dalla notte scorsa per la negoziazione. La decisione dopo la notizia della cattura di uno dei soldati di Gerusalemme, rivendicata da Hamas e confermata dal sito israeliano Haaretz. Il militare, 25 anni, sarebbe scomparso questa mattina durante combattimenti nel sud della Striscia, dove hanno perso la vita altri due soldati. Scattata all’inizio della giornata, la tregua di 72 ore sembrava una soluzione, ma intorno alle 11 ora italiana sirene d’allarme nel sud di Israele, colpi d’artiglieria a Rafah, con una cinquantina di morti, poi le accuse reciproche, hanno mandato in fumo le speranze. Inutili gli appelli dell’Unione Europea e dell’Onu, che ha espresso ferma condanna per Hamas ritenuta responsabile della ripresa delle violenza. Superata quota 1.400 tra le vittime palestinesi - ben oltre la strage dell’operazione "Piombo fuso" del 2009 - e la sessantina tra i soldati isareliani rimasti uccisi. ”Occorre rimuovere le condizioni strutturali che alimentano l'odio cieco, a partire dall'embargo”, spiega il patriarca latino di Gerusalemm,e mons. Fouad Twal, all’agenzia Fides. “Non odio, alimentiamo rapporti di fraternità”, ripete Sonia Zelazo, cristiana collaboratrice del "Franciscan Media Center" di Gerusalemme: 

R. – La situazione è veramente tragica. Aumenta l'ostilità e in questi giorni si è arrivati anche all’odio fra l’uno e l’altro. C’è soprattutto paura nelle persone. Addirittura, alcuni dei nostri amici arabi, per esempio, non si muovono più nelle zone ebraiche perché hanno paura che possano fare loro del male e viceversa... E magari, quello che si è costruito per anni e anni, anche nel campo del dialogo, sembra perso. Ma non è esattamente così, ed è un peccato che se ne parli così poco sulla stampa. Ci sono tante persone che si impegnano. Ci sono artisti, medici, avvocati, giovani di varie religioni, da tutti e due i lati, che si incontrano e che si ritrovano insieme per le preghiere. Oggi, per esempio, nella chiesa latina qui, a Gerusalemme, tutta la Chiesa si unisce a pregare. Poi, ci sono anche quelli che hanno ancora il coraggio di credere nella convivenza. Di questo si dovrebbe veramente parlare di più. Non ci sono più arabi ed ebrei: ci sono estremisti e persone normali.

D. – C’è un tentativo dunque di ricucire uno strappo che invece, a livello politico, sembra assolutamente compiuto e inconciliabile?

R. – A livello politico, penso che nessuno speri. Netanyahu ha detto chiaramente che assolutamente andrà fino in fondo. Però, veramente è anche tanto difficile capire la situazione, perché abbiamo sentito anche il nostro padre di Gaza che dice che, quando c’è la tregua, Hamas comincia a lanciare missili addirittura dai punti nei quali si trova la gente… La cosa certa, che anche tanti israeliani dicono, è che la risposta è sproporzionata. Ero qui nel 2009 e sono andata a Gaza al termine della guerra di allora: c’era distruzione però esisteva ancora la città. Non so invece cosa esista adesso. Però, c’è anche una cosa straordinaria da dire tra quei pochi cristiani che sono lì: quanto bene e amore reciproco tra loro. Per me, ti confesso, è eroico! Non so se avrei il coraggio di continuare ad amare… Spero che questa testimonianza sia per noi tutti un incoraggiamento nelle nostre situazioni quotidiane, per non arrenderci davanti alle difficoltà. Penso che il compito nostro, veramente grande, sia oggi di promuovere qualsiasi – qualsiasi! – iniziativa di buona volontà tra tutte le religioni per dare voce veramente a quella maggioranza silenziosa che vuole coesistenza, vuole vivere con gli altri.

D. – Che cosa è rimasto, secondo te, di quella presenza del Papa a Gerusalemme, di quell’abbraccio a tre davanti al Muro del pianto o della preghiera comune fatta in Vaticano?

R. – Penso sia tanto più importante e tanto più viva di quello che si pensi. Penso che quella presenza qui a Gerusalemme ci abbia incoraggiato e continui: continua a darci il coraggio di non perdere ogni occasione per promuovere rapporti veri, rapporti fraterni. Solo così si cambia la storia.








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