2014-08-03 10:52:00

Grecia: il nuovo presidente della commissione europea incontra il premier ellenico


Prima visita domani ad Atene del nuovo presidente della commissione Ue, Jean Claude Juncker. Incontrerà il premier Samaras per discutere di occupazione, di crescita e di investimenti. La Grecia spera in un allentamento della politica dell'austerità che, finora, è costata sacrifici enormi e una disoccupazione del 26,7%. Eppure i mercati, il Fondo monetario internazionale e la stessa Troika (Fmi, Bce e Ue) premiano il percorso compiuto finora. Quale è dunque ad oggi il quadro del Paese e quali le prospettive? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Carlo Altomonte, docente di Politica economica europea alla Bocconi:

R. – Se guardiamo i dati dell’economia reale, le stime sono di una crescita dello 0,6 per cento, quest’anno, e la dinamica del debito pubblico inizierà a scendere. La disoccupazione sta iniziando a ridursi e anche il deficit di bilancio commerciale è contratto. Quindi, in realtà, la macroeconomia greca e, pian pianino, la crescita e l’occupazione stanno dando segnali di risposta giusti. Quindi i mercati, ovviamente, anticipano questa cosa, e premiano evidentemente lo sforzo. Le riforme sono quelle note a costi, dal mio punto di vista, inaccettabili. Oggi, dunque, giustamente, il governo greco dice: “Bene, il mio lavoro l’ho fatto, datemi un po’ più di respiro, per iniziare a ridare qualcosa ai cittadini”.

D. – In termini concreti questo respiro come si potrebbe tradurre?

R. – Flessibilità sui conti pubblici, un percorso di rientro dal deficit un po’ più allentato nel tempo, in modo che gli effetti positivi della crescita migliorino la situazione della finanza pubblica.

D. – Stiamo assistendo ad una situazione drammatica dall’altra parte dell’Oceano, in Argentina: default del Paese. Due reazioni diverse a due situazioni economiche tragiche: si va in default o si viene recuperati, ma ad un prezzo durissimo. E’ questo un po’ il quadro che si delinea, d’ora in poi, anche per altri Paesi che versano in difficoltà?

R. – Sono situazioni in realtà molto diverse. La Grecia fa parte di un’area monetaria comune, ha un vastissimo livello di finanziarizzazione, con una profonda integrazione nei mercati internazionali, fa parte della seconda moneta più importante del mondo, con delle “responsabilità” rispetto alla situazione teorica di un default, che evidentemente sarebbe molto più costoso e molto più rischioso, non solo per la Grecia, ma per tutti i Paesi che fanno parte della moneta unica. E, in generale, anche per l’idea che dentro l’Europa c’è sostanzialmente un modello integrato di produzione, per cui i nostri vantaggi dipendono da quello che fanno gli altri Paesi europei; e se questo modello viene messo in discussione, perché ci sono dei default, quindi delle uscite teoriche, comunque dell’instabilità finanziaria, poi ne soffriamo tutti. L’Argentina, invece, è un Paese indipendente e, quindi, ha uno spazio di manovra diverso, che può “permettersi” un default. Ricordiamo, però, che comunque dopo il default argentino del 2001, un argentino su cinque era sotto la soglia di povertà. Anche per l’Argentina, pure in una situazione teoricamente meno complicata dal punto di vista dei rapporti internazionali, dei legami economici internazionali, il default è stato comunque durissimo.

D. – Perché questo primo viaggio ufficiale di Junker proprio ad Atene con un forte valore simbolico? Perché Junker ha seguito la vicenda? Perché ha un preciso progetto anche su Atene? O perché?

R. – Sicuramente Junker è stato uno dei protagonisti nell’organizzazione del salvataggio greco, nel bene e nel male. Oggettivamente, però, se guardiamo i numeri della macroeconomia, la Grecia è un caso di successo. Quindi Junker vorrà mettere la bandierina e dire: “Come Commissione siamo riusciti a gestire, di fatto, un Paese sull’orlo del fallimento o già fallito; lo abbiamo preso, l’abbiamo aiutato e lo abbiamo tirato fuori dai guai; qui partiamo, quindi, passata la fase acuta della crisi, per ricostruire e probabilmente per ridare ai cittadini quello che gli abbiamo tolto durante questi anni”. Penso che il messaggio politico sia proprio questo.

D. – Per restituire ai cittadini greci quello che hanno dato con lacrime e sangue, non ci vorranno almeno un paio di generazioni?

R. – Assolutamente sì, con una base imponibile più solida, con meno corruzione, ed efficienza del sistema economico. Ci vorranno, però, dieci, quindici anni.

D. – E l’indebitamento è stato il problema di fondo della Grecia, situazione verso la quale vanno ad oggi anche altri Paesi: l’Italia, anche la stessa Francia...

R. – Non è solo un problema di debito, è un problema di vedere come finanziamo gli squilibri di competitività all’interno dell’eurozona. Quello che dobbiamo capire è come fare pezzi di politica fiscale comune. Se non facciamo questo, l’eurozona non sta in piedi.








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