2014-08-07 13:47:00

Cambogia: ergastolo a due ex leader dei Khmer Rossi


Il Tribunale misto dell’Onu, a Phnom Penh, ha condannato all’ergastolo due ex leader dei Khmer Rossi, il regime maoista al potere in Cambogia negli anni ’70, responsabile del massacro di circa due milioni di persone, pari a un quarto della popolazione. Si tratta di Nuon Chea, vice del sanguinario leader, Pol Pot, e Khieu Samphan, ex capo di Stato. I due esponenti, ormai quasi 90enni e malati, sono stati riconosciuti colpevoli di crimini contro l’umanità. Ancor oggi la Cambogia mostra le ferite di quelle atrocità. Ma come fu possibile l’instaurazione di quel regime? Giancarlo La Vella ne ha parlato con padre Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia Asia News:

R. - E’ stato possibile perché c’era una grande confusione nel sud-est asiatico, causata dalla guerra del Vietnam e in Cambogia c’era un governo militare che appoggiava gli Stati Uniti. Allora, la pressione del Nord Vietnam, la pressione della Cina e della Russia ha portato all’instaurazione di questa ideologia comunista, portata all’estremo limite, che era quella di Pol Pot: tutta la società doveva ritornare al punto zero, distruggere tutto quello che c’era stato fino ad allora e costruire una società utopistica agricola, mandando a lavorare nei campi chiunque - per produrre riso, per produrre da mangiare – eliminando tutti i nemici del regime, cioè intellettuali, che sapevano le lingue, persone istruite; addirittura, chi aveva gli occhiali era considerato un intellettuale e quindi doveva essere eliminato. Tra questi, oltretutto, c’è stata l’eliminazione indiretta, portando a lavorare con ritmi frenetici e terribili, tantissimi cristiani, sacerdoti ed anche il vescovo di Phnom Penh, monsignor Joseph Chhmar Salas.

D. - Fu la follia di un solo uomo, Pol Pot, oppure intorno a lui si creò un movimento che lo appoggiava?

R. - Questo è il problema, secondo me, anche del tribunale internazionale: Pol Pot era l’ideologo, il capo, però attorno a lui c’erano gruppi di consiglieri. Di fatto, c’è stata una parte di cambogiani – soprattutto intellettuali, oltretutto istruiti nelle università occidentali – che hanno portato a questa attuazione del comunismo “puro e duro”, senza guardare in faccia nessuno.

D. - Quali conseguenze la Cambogia porta oggi di quel periodo?

R. - Diciamo che l’economia cambogiana è stata segnata dalla miseria creata dai Khmer Rossi e si sta rialzando adesso con l’aiuto della Cina e della Thailandia. Però, poi ci sono tutte le ferite spirituali, interiori: penso che non ci sia nessun cambogiano che non abbia avuto qualche familiare ucciso. Tutto questo porta con difficoltà alla riconciliazione. Anche la Chiesa, che era stata azzerata durante il periodo di Pol Pot, sta riemergendo lentamente da queste ceneri insieme a piccoli gruppi di cristiani; credo siano poche migliaia i cattolici cambogiani. Quindi, deve fare i conti con tutto lo stuolo di martiri che ha avuto, ma anche con l’estrema povertà della sua vita.








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