2014-08-07 15:42:00

Gesuiti: 200 anni fa la rifondazione. Intervista con p. Danieluk


200 anni fa, il 7 agosto del 1814, veniva restaurata - ovvero rifondata - da Pio VII la Compagnia di Gesù, che era stata soppressa 41 anni prima da Clemente XIV, due secoli dopo il riconoscimento ufficiale dell’Ordine sacerdotale e missionario fondato da Ignazio di Loyola da parte di Paolo III nel 1540. Un anniversario che cade l’anno seguente l’elezione al soglio pontificio, per la prima volta nella storia della Chiesa, di un Gesuita, Jorge Mario Bergoglio. Roberta Gisotti ha intervistato padre Robert Danieluk, archivista presso la Curia generalizia dei Gesuiti a Roma:

D. - La storia della Compagnia di Gesù è scorsa strettamente legata alle vicende del Papato. C’è un motivo?

R. - La storia della Compagnia di Gesù è stata da sempre, sin dall’inizio, legata al vescovo di Roma soprattutto da questo voto particolare che il nostro fondatore, Sant’Ignazio di Loyola, voleva dall’inizio che caratterizzasse la Compagnia di Gesù, e cioè obbedire al Papa in tutto ciò che riguarda le missioni. Alcuni Gesuiti  fanno questo ultimo voto e vengono chiamati i ‘professi’, quindi: oltre ai tre voti di povertà, castità e obbedienza che caratterizzano ogni religioso nella Chiesa cattolica, con questo quarto voto si legano in un modo ancora più particolare con il Santo Padre.

D. - Quali ragioni gravi convinsero Clemente XIV a sopprimere la Compagnia di Gesù?

R. - Gli storici distinguono varie ragioni politiche, ideologiche, economiche. Il Papa Clemente XIV era stato sottoposto durante gli anni ad una fortissima pressione esercitata dalle potenze cattoliche dell’epoca, soprattutto dalle Corti spagnola e francese, con l’appoggio del Portogallo. Le potenze cattoliche più importanti dell’epoca hanno voluto la ‘morte’ dei Gesuiti. La Compagnia era infatti considerata da loro come un ostacolo alla potenza dei re, all’ordine sociale che credevano essere il migliore nel mondo di allora, inspirato dagli ideali dell’Illuminismo, dove la Chiesa doveva far parte del sistema, completamente dipendente dal potere civile. La Chiesa non poteva essere libera ma doveva obbedire al proprio re e questo ordine delle cose - giustificato in vari modi dagli intellettuali dell’epoca - spinse poi i re e gli altri rappresentanti politici dell’epoca ad esigere in un modo molto forte - al limite dell’ultimatum dato al Papa - di sopprimere la Compagnia di Gesù perché era considerata da loro un ostacolo nella realizzazione dei loro ideali sociali, politici ed anche ecclesiastici ispirati da questa filosofia dell’Illuminismo.

D. - Dopo 41 anni il ripensamento e la riabilitazione…

R. - Non è avvenuto a caso. Infatti, tra la soppressione ed il ristabilimento della Compagnia molte cose cambiarono nel mondo; molte cose di ordine politico ed anche intellettuale. Soprattutto lo scoppio della Rivoluzione francese e le sue conseguenze, il terrore, la ghigliottina, il cambio delle cose dell’ordine politico e sociale, le guerre napoleoniche, portarono gli stessi re o i successori a ripensare la loro politica. Non c’era più la stessa pressione sul Papa. Il Papato, in modo paradossale, è stato liberato da queste difficili circostanze, dalla tutela delle potenze cattoliche e così liberato, ha riconsiderato la sua politica riguardo la Compagnia di Gesù. Questo Papato, nella persona di Pio VII, fece proclamare che la Compagnia di Gesù poteva esistere in tutto il mondo come ordine religioso, lo stesso fondato da Ignazio di Loyola.

D. - Oggi, nel terzo millennio della Chiesa, abbiamo un Papa gesuita che sta meravigliando tutti per lo stile di vita sobrio, la semplicità di parola ma anche la schiettezza della predicazione. Quanto della sua personalità corrisponde alla formazione gesuitica?

R. - Penso che tutto corrisponda, perché come ogni essere umano anche il Santo Padre, come ciascuno di noi, è ciò che la storia della sua vita scrive: portiamo in noi la nostra vita, le nostre esperienze, la nostra formazione, la spiritualità che c’è dietro. Mi sembra molto difficile distinguere dove il Papa sia gesuita, dove sia vescovo, sacerdote, argentino… Tutto questo va insieme. Certamente in molti testi, durante le prediche o anche nei vari incontri privati si vedono gli elementi della spiritualità di Sant’Ignazio, che caratterizza soprattutto gli esercizi spirituali.

D. - La presenza di Papa Francesco è comunque un’occasione di rilancio della spiritualità ignaziana ed è forse anche una sfida per tutta la Compagnia di Gesù…

R. - La spiritualità ignaziana non è esclusivamente riservata ai Gesuiti. Gli esercizi spirituali sono un bene di tutta la Chiesa e i tanti Pontefici che li hanno confermati - prima di Papa Francesco - li hanno fatti per tutti nella Chiesa. Ogni spiritualità è una proposta e questa spiritualità ignaziana è una fra le tante proposte che esistono nella Chiesa e certamente ha dato prova della sua efficacia in varie circostanze, in varie epoche e sembra essere sempre molto adatta anche al tempo di oggi. Perciò il Papa, in alcuni spunti, la offre così bene, in un modo suo particolare e credo che la gente che arriva così numerosa ad ascoltarlo sia una prova che questa parola trova una buona ricezione, è capita, è accettata, è benvenuta. Lo stesso vale per i Gesuiti: noi siamo sempre una parte della Chiesa che segue la spiritualità ignaziana, aprendo anche i nostri tesori spirituali a tutti coloro che vogliono servirsene. Cerchiamo di seguire la nostra vocazione in questo modo.








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