2014-08-10 10:25:00

A Milano oratori aperti per accogliere migranti


Oratori aperti per accogliere i migranti. Succede nella parrocchia dell’Annunciazione a Milano, dove il parroco don Maurizio Lucchina e don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità, hanno messo a disposizione gli spazi della chiesa per prestare soccorso a centinaia di persone. Tra di loro anche palestinesi scappati da Gaza. Maria Gabriella Lanza ha intervistato don Virginio Colmegna della Casa della Carità:

R. – A Milano c’è un’emergenza che - continuo a dire - è strutturale, nel senso che ogni giorno arrivano profughi dalla Siria, dall’Etiopia, dall’Eritrea. E allora, con la parrocchia di una zona di periferia di Milano, abbiamo creato un gruppo di operatori, ed è nato un servizio che aiuta la mensa, un servizio per i vestiti e un accompagnamento legale. E’ nata un’esperienza che, però, ha coinvolto davvero la comunità parrocchiale, pur trovandoci nel mese estivo di agosto, con tutte le difficoltà.

D. – In questi giorni sono arrivati anche palestinesi...

R. – Comincia ad arrivare qualcuno da Gaza. Moltissimi di questi, però, si dicono siriani, anche se vivono nel campo profughi. Appartenevano, infatti, alla prima ondata di palestinesi, che avevano creato questo campo profughi in Siria, quando la Siria era un Paese accogliente per loro.

D. – Tanti i volontari che prestano il loro tempo a favore dei migranti, e tra di loro ci sono anche detenuti...

R. – Certamente noi abbiamo una grande conoscenza di volontari, con un’esperienza carceraria ancora in corso, che prevalentemente vengono dal carcere di Bollate. La gestione della pena come servizio agli altri fa intravedere anche la questione del risarcimento e fa crescere quella dimensione di speranza, fa rivivere in termini sociali quella che Papa Francesco chiama sempre la ricchezza della misericordia.

D. – Di che cosa hanno bisogno i migranti che accogliete nell’oratorio della parrocchia?

R. – La crema per le ustioni che hanno sul viso è la prima cosa che chiedono, al di là del cibo. Poi, soprattutto di una doccia e di vestiti. Hanno vissuto e sono persone di grande dignità: erano professionisti del ceto medio di quella società. Il dramma della guerra li ha costretti a fuggire, li ha impoveriti totalmente, li ha impauriti, ma conservano una grande dignità culturale.

D. – Qual è la storia che personalmente l’ha colpita di più?

R. – Ho visto bambini che quando passano gli aerei – noi siamo vicini a Linate – si aggrappano a loro stessi. Hanno avvertito, infatti, quello che significano bombe e aerei. Ci sono bimbi che sono cresciuti senza un giorno di pace, e questo noi non riusciamo neanche ad immaginarlo.








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