2014-08-12 14:09:00

Centrafrica: per la prima volta un premier musulmano


La presidente della Repubblica Centrafricana Catherine, Samba Panza, ha affidato l'incarico di primo ministro a Mahamat Kamoun. Il neo premier è di religione musulmana ed è un tecnico specializzato nel settore finanziario. La nomina arriva dopo due settimane dall’accordo per il cassate-il-fuoco raggiunto a fine luglio tra le milizie anti-balaka e gli ex ribelli del Seleka, in gran parte musulmani, che si sono fronteggiati, per circa un anno, in un sanguinoso conflitto interetnico. Sulla situazione nel Paese africano e il processo di riconciliazione nazionale, Marco Guerra ha sentito il sacerdote centrafricano don Mathieu Bondobo:

R. – Il Centrafrica da un po’ di tempo sta vivendo il momento più buio della sua storia dall’indipendenza ad oggi: c’è stato un colpo di Stato che si è trasformato in una crisi politica che poi, purtroppo, è scivolata su un piano anche interreligioso. Quindi, ultimamente, a Brazzaville è stato firmato un accordo che prevedeva un cessate-il-fuoco tra tutti i gruppi armati in guerra in Centrafrica. La nomina di questo nuovo primo ministro musulmano, per la prima volta nel Paese, è stato uno dei punti forti del dialogo a Brazzaville: è un segnale forte, perché è la prima volta che questo accade nella storia del Paese, e questo significa una volontà reale, forte da parte di tutti per arrivare ad una pace vera.

D. – Il cessate-il-fuoco tra le milizie anti-Balaka, in maggioranza composta da cristiani, e i ribelli musulmani Seleka sta reggendo?

R. – Questo cessate-il-fuoco, purtroppo, non ha raggiunto il livello più alto possibile, perché qualche giorno fa ci sono stati scontri nella parte Nord del Paese tra questi gruppi armati: ci sono ancora persone che stanno soffrendo. Però l’accordo, nel suo insieme, sta reggendo e il popolo del Centrafrica sta dicendo “basta” alla guerra, perché è una sofferenza mai vista prima.

D. – Quindi, è servita la presenza delle truppe francesi sul territorio?

R. – La presenza delle truppe francesi è servita molto perché il Paese, al momento attuale, non ha un esercito nazionale: l’esercito non esiste più. E quindi è grazie alle truppe francesi, ma anche alle grazie alle truppe inviate dall’Unione Africana che stanno proteggendo il Paese dal punto di vista della sicurezza. Quindi, la loro presenza per noi è una cosa molto positiva: senza la loro presenza non so dove saremmo arrivati …

D. – Quali sono le condizioni, oggi, in Centrafrica?

R. – La situazione umanitaria è sempre precaria, perché ci sono ancora persone che hanno paura e che non vogliono tornare nelle loro case. Però, ci sono anche persone che hanno perso tutto: casa e altri loro beni. E quindi, andare via, sì: ma dove? Ci sono aiuti che arrivano, nel Paese, però per arrivare ad una stabilità piena, la strada è ancora lunga …

D. – La guerra civile ha avuto anche dei risvolti interreligiosi: si sta superando questa divisione, nel Paese?

R. – Noi della Chiesa abbiamo sempre alzato la nostra voce per dire che questa crisi, questo conflitto non è interreligioso: non ha niente a che vedere con la religione. In Centrafrica cristiani, musulmani e le altre religioni, tutti siamo sempre riusciti a coabitare. Direi di più: c’è una piattaforma religiosa composta dall’arcivescovo di Bangui con l’imam, che rappresenta i musulmani, e il pastore che rappresenta le Chiese protestanti. Questa piattaforma è un segnale forte per far capire che noi siamo per la pace. L’arcivescovo di Bangui con l’imam si trovano in Rwanda per imparare anche dall’esempio rwandese – sappiamo che lì c’è stato un genocidio, nel ’94 – per imparare come hanno fatto ad uscire dalla loro crisi e portare questa esperienza anche in Centroafrica.








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