2014-08-13 13:58:00

Fondi europei: Italia in ritardo, Bruxelles lancia l'allarme


La Commissione Europea raccomanda all’Italia maggiori chiarimenti sulle strategie nella gestione dei fondi strutturali. Le critiche in una lettera resa pubblica oggi in risposta alle richieste italiane sui fondi per il periodo 2014-2020, pari a i 41 miliardi di euro. “Non vedo dove sia la notizia. Tutti i Paesi inviano i documenti e ricevono risposte critiche”, ha commentato il premier Matteo Renzi, “l’obiettivo del governo è spendere meglio questi soldi”. Intanto l’Eurispes fa sapere che ci sono ancora da spendere 14 miliardi di euro entro il 2015, pena la restituzione a Bruxelles. Ma cosa implicano queste inefficienze per le prospettive di crescita del Paese? Michele Raviart lo ha chiesto all’economista Giacomo Vaciago:

R. – Se il Paese non riesce a spendere quei soldi, vuol dire che non riesce a spendere neppure i soldi dei ricchi del mondo che verrebbero qui ad investire, se il Paese fosse attraente. Da questo punto di vista, questi fondi europei sono il termometro, non la locomotiva. Il giorno in cui riusciremo a spendere bene questi soldi, non avremo solo una maggiore occupazione, 50 mila occupati in più, avremo anche la possibilità di tornare a crescere.

D. – Bruxelles parla apertamente di inadeguatezza della pubblica amministrazione. Le riforme di questi giorni stanno andando nella direzione giusta?

R. – Non è Palazzo Chigi che fa funzionare il Paese: è tutta la rete che da Roma raggiunge il cittadino. Attenzione: l’attuale governo, con la riforma del Titolo V della Costituzione, cerca di semplificare, riportando molte cose a Roma e togliendo quelle sovrapposizioni di competenze che erano entrate nella riforma della Costituzione di 10 anni fa. Questo è un passo necessario ma insufficiente, perché poi bisogna che sul territorio la struttura dello Stato funzioni.

D. – L’accusa principale della Commissione è quella di non avere una strategia di lungo periodo credibile nella gestione dei fondi …

R. – Purtroppo, Bruxelles ci ricorda ciò che noi sappiamo benissimo, e cioè che l’Italia è un Paese a bassa efficienza complessiva. La lettera – resa pubblica oggi ma che risale a un mese fa – della Commissione (peraltro, uscente: era ancora una lettera-Barroso, non di Juncker) ci rinfaccia esattamente ciò che tutti i giorni noi osserviamo: la mancata modernizzazione del Paese. L’agenda digitale è rimasta un sogno; lo sviluppo tecnologico, la capacità di trasferire ricerca e innovazione …

D. – Uno dei settori in cui l’Italia soffre maggiormente nella gestione dei fondi è la cultura: per Pompei, ad esempio, ci sono da spendere ancora 105 milioni. Di cosa c’è bisogno?

R. – Manca la mentalità imprenditoriale che trasforma un bene culturale in una risorsa, e quindi un’operazione di valorizzazione. Noi abbiamo ereditato una mentalità di conservazione, però oggi la mentalità moderna di tutti i Paesi al mondo è usare queste risorse come fossero risorse naturali – come petrolio, energia solare, eccetera: cioè, valorizzarle con le dovute attenzioni e cautele, ma far sì che contribuiscano alla crescita.








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