2014-08-18 08:32:00

Padre Lombardi: Francesco e la cultura dell'incontro


Papa Francesco ha concluso il suo viaggio in Corea lanciando un nuovo messaggio di pace e riconciliazione. Anche ieri, incontrando i vescovi dell’Asia, aveva ribadito la necessità di promuovere il dialogo e la cultura dell’incontro sottolineando una parola, l’empatia. Ascoltiamo il commento del direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, al microfono di Davide Dionisi:

R. – Il Papa - come sappiamo - cerca l’incontro: parla sempre della cultura dell’incontro: le persone si incontrano quando c’è una vera disponibilità del cuore, della mente, della persona nella sua globalità ad accogliere l’altro, a capirlo e ad accoglierlo, pensando che dall’incontro ci si arricchisce mutualmente, che dall’incontro si torna migliori e più ricchi di valori spirituali, e anche religiosi eventualmente, di quando si era prima di incontrarsi. Allora il Papa dice ai vescovi di questo continente in cui il dialogo fra le diverse culture, fra le diverse religioni, fra i diversi popoli è estremamente importante, che ci vuole l’atteggiamento fondamentale per affrontare questa situazione, ma più che affrontarla per viverla perché è la situazione in cui i cristiani vivono normalmente in Asia. Quindi, con questa empatia vuol dire capacità anche di sintonia, di entrare sulla stessa onda e quindi di capirsi quasi istintivamente, perché tutto il proprio essere è messo in movimento per accogliere l’altro. Quindi non è una operazione puramente intellettuale, non è un’operazione formale, ma è qualche cosa in cui ci si mette in gioco. Per questo diciamo che nel “vocabolario papale” spesso questo stesso tema lo ritroviamo, concretizzato poi nella cultura dell’incontro.

D. – A proposito di vocabolario, l’omelia della Messa nella Giornata della gioventù asiatica ha ruotato attorno al motto “Gioventù dell’Asia ‘Alzati!’”…

R. – E’ stata una omelia che ha analizzato e seguito le grandi parole su cui questi giovani si sono incontrati. Naturalmente il Papa cerca di dare a questi giovani la carica dell’entusiasmo di cui hanno bisogno per vivere le situazioni non sempre facili, anzi spesso difficili, in cui si trovano e che sono spesso situazioni di minoranza nella società in cui vivono, che sono situazioni che comportano spesso gravi problemi di carattere sociale, di carattere economico. Quindi sono giovani che devono essere incoraggiati, ma non con un senso di compatimento, ma con un senso di grande dignità, che loro devono scoprire e vivere e che trova il suo fondamento in una fede vissuta. Molto bello mettere i giovani a confronto con la testimonianza dei martiri, che sono poi veramente gli eroi della vita cristiana, quelli che hanno saputo giocare se stessi pienamente anche nelle situazioni di contrasto più duro nei confronti della fede, nei confronti della loro vita, per affermare la positività della loro fede e anche per quelli che sono i martiri coreani, che sono anche martiri di un impegno di uguaglianza sociale e di carità nella società, che rifiutava un’attenzione veramente a tutti e in particolare ai più deboli o alle persone considerate inferiori. Quindi il Papa vuole indicare a questi giovani la via del coraggio, dell’entusiasmo, della gioia, sempre fondata però su una fede sicura, che viene dall’incontro con Cristo, dalla conoscenza con Gesù Cristo e dalla familiarità con Lui.

D. – Dalla Corea il seme del nuovo annuncio è stato gettato: Indonesia 2017…

R. – Queste Giornate della gioventù asiatiche percorrono i diversi Paesi del continente. Noi abbiamo avuto, in uno degli incontri dei giovani con il Papa, una bellissima rappresentazione culturale fatta dai giovani indonesiani che erano qui presenti e che hanno manifestato la ricchezza e la specificità delle culture di questo immenso arcipelago: erano danze di cinque culture differenti, il che vuol dire che i problemi dell’accogliersi, del capirsi, valgono anche all’interno di ognuno di questi grandi Paesi. Il fatto che l’itinerario passi dalla situazione coreana ad una situazione molto diversa, come è quella indonesiana, dice il grande itinerario che la Chiesa deve percorrere, le varietà delle sue situazioni, la meraviglia anche – diciamo pure - delle culture o delle situazioni che si incontrano e che vanno confrontate poi con il Vangelo per essere aiutate a dare il meglio di sé.








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