2014-08-21 13:27:00

Mons. Toso: sull’Iraq, Francesco nel solco della Dottrina della Chiesa


Le parole di Papa Francesco su come fermare “l’ingiusto aggressore” in Iraq, pronunciate in aereo di ritorno da Seoul, continuano a suscitare riflessioni e confronti non solo nell’ambito ecclesiale. Ha colpito anche l’affermazione del Pontefice per cui si starebbe combattendo “la Terza Guerra Mondiale a pezzetti”. Proprio da qui, muove la riflessione di mons. Mario Toso, segretario del dicastero vaticano “Giustizia e Pace”, intervistato da Alessandro Gisotti:

R. – Papa Francesco esprime un’impressione abbastanza comune: pensando ai molti conflitti in atto qua e là e ai vari popoli coinvolti in essi, non si può non ricavare l’idea che la famiglia umana sia immersa in una parziale e potenziale "Terza Guerra Mondiale". Quello che deve preoccupare è che, sebbene i confini dei conflitti appaiano circoscritti, essi in definitiva rappresentano sempre focolai da cui può scatenarsi da un momento all’altro una guerra globale che potrebbe coinvolgere gran parte dell’umanità. Simili conflitti sono affrontati in maniera inadeguata. Non emerge tra coloro che paiono interessarsi alla loro soluzione una chiara e netta volontà di pace e di giustizia. Sembrano sempre prevalere i punti di vista particolari: mai il bene comune della famiglia umana, dei popoli o dei popoli di una regione. Occorre lavorare seriamente a rimuovere le cause che li innescano e a creare le condizioni per la pace.

D. – "E’ lecito fermare l’ingiusto aggressore", ha detto Papa Francesco, aggiungendo: ma i modi devono essere decisi all’Onu, non può essere una sola nazione a decidere. Ecco, qui Francesco, come i suoi predecessori, ribadisce l’importanza del multilateralismo?

R. – L’intervento di Papa Francesco è parso misurato e pensato. Ha precisato che l’ingiusto aggressore va fermato e ha fatto capire che il come ciò possa avvenire deve essere deciso non tanto da un solo Stato, quanto piuttosto dalla comunità internazionale. In sostanza, il Pontefice si è posto non solo nel solco della più recente Dottrina sociale della Chiesa ma anche della comunità internazionale. Per risolvere i conflitti e le aggressioni ingiuste, è indispensabile riferirsi a regole comuni, rinunciando definitivamente all’idea di ricercare la giustizia mediante il ricorso alla guerra, muovendosi solitariamente e isolatamente. La Carta delle Nazioni Unite ha interdetto, lo sappiamo bene, non solo il ricorso alla guerra ma anche la sola minaccia di essa. Occorre, in sostanza, imboccare vie alternative: va cioè coltivata la multilateralità come via che offre maggiori garanzie di giustizia, anche nel caso che si debba attuare il principio di responsabilità di proteggere etnie e gruppi che sono minacciati di morte, come sta avvenendo in Iraq, da gruppi terroristici.

D. – Le parole del Papa scuotono una comunità internazionale silenziosa, indifferente. Chiamano anche, però, in causa le istituzioni internazionali ad agire, d essere efficaci, appunto, in queste situazioni?

R. – Papa Francesco scuote la comunità internazionale, che appare distratta e lenta nell’intervenire a favore della giustizia, costringendo singoli Stati a farlo. Secondo il suo insegnamento, a fronte di problemi delicati e complessi, dalle dimensioni internazionali, è più proporzionato l’intervento delle organizzazioni internazionali e regionali. Esse, però, devono essere in grado di collaborare tra loro per far fronte ai problemi e favorire la pace. Ancora una volta, emerge l’urgenza che, a fronte di problemi globali o di interesse globale, devono esistere istituzioni internazionali adeguate e quindi riformate, come nel caso della tutela e promozione di altri beni collettivi.








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