2014-08-22 13:48:00

Padre Samir: l'islam non è questo, ma i musulmani non tacciano


L’esasperazione dei conflitti in Siria e in Iraq in nome del Califfato islamico, con episodi di particolare efferatezza pubblicizzati e spettacolarizzati come la decapitazione del giornalista statunitense. Ma anche un crescendo di violenze in Paesi africani come la Nigeria contro chi non si riconosce nella sharia. Ci si interroga di fronte al drammatico espandersi dell’ideologia estremistica islamica. Fausta Speranza ne ha parlato con il padre gesuita egiziano Samir Khalil Samir, docente di Storia della cultura araba e islamologia all’Università Saint Joseph di Beirut:

R. – Oggi, il problema è politico. La guerra in Siria, all’inizio, era una guerra dei siriani che protestavano contro un regime dittatoriale; ma molto presto – già due mesi dopo – sono subentrate persone da tutto il mondo islamico, e in particolare dalla penisola arabica, per fare la guerra perché erano sciiti e alawiti quelli che governavano. Il problema, dunque, è interno all’islam in partenza, perché c’è una cosa che sempre torna, il fatto dogmatico di dire: “Chi non appartiene all’autenticità islamica dev’essere eliminato”, il “kafir”. “Kafir” era una parola che si applicava ai non credenti in Dio, ma è stata allargata; e dichiarare l’altro “kafir” - in arabo si dice “takfir” – è una delle piaghe dell’islam moderno, cioè il fatto di dire che l’altro non è un autentico musulmano e dev’essere eliminato.

D. – Ma come spiegarsi questo accentuarsi dell’esasperazione del fondamentalismo, dell’estremismo di questo pensiero islamico? Diciamo che in qualche modo, venendo meno un processo culturale c’è stata questa rinascita di violenza, di voglia di potere?

R. – Sì! Culturale e politico. La crisi è a tutto tondo: c’è la povertà, c’è l’ignoranza … allo stesso modo in cui c’è una crisi di civiltà in Occidente, che prende però la forma di un neopaganesimo … però è un altro problema.

D. – Oggi, forse, è anche un’epoca che sta conoscendo un momento basso di umanità: avremmo bisogno davvero di un nuovo umanesimo …

R. – Sì: abbiamo adesso raggiunto la bestialità più feroce nella storia dell’islam. Mai siamo arrivati a questo punto di barbarie. La domanda è: questo è l’islam? O è una deviazione? Certamente, prende origine nella tradizione islamica. Ma d’altra parte, certamente non si può dire che l’islam sia questo. Cioè, è una derivazione dell’islam: pensano di realizzare il “califfato”, l’epoca famosa del IX-X secolo fino al XIII, ed è un errore. Molti musulmani lo dicono, lo ripetono; i grandi pensatori sono contrari. Il dramma è che i musulmani non osano fare l’autocritica: cioè, il popolo segue in silenzio. Non ho visto quello che anche il Comitato per il dialogo interreligioso del Vaticano nel suo documento, nella pagina che ha scritto martedì 12 agosto, dice: ci sono cose inammissibili! Citano 11 punti contrari ai diritti umani, e si esprime in termini molto forti! E’ il documento più chiaro che conosca, che non fa uso di espressioni diplomatiche: molto equilibrato, ma forte. E dice: fino a quando voi tacerete? Che gli imam parlino! E non solo gli imam: la folla, il popolo musulmano scende in piazza quando si tratta di una “cosina” politica degli altri, contro gli altri; ma quando si tratta di questioni islamiche, pensa che non sia bene, ma non per questo scendono in piazza.

D. – Quale può essere la via per uscire da tutto questo?

R. – Una collaborazione con il mondo occidentale; aiutarli a fare un passo verso una visione universalistica. Per esempio, quali sono i diritti dell’uomo? Se potessimo applicarla realmente, sarebbe già una meraviglia! Credo che si possa fare, ma si deve procedere – per usare un termine spirituale – ad una conversione sia in Occidente, sia nel mondo islamico. In Occidente, per essere meno materialisti, perché ciò che guida tutto il sistema sono i soldi, il potere, il dominio. Una visione comune, umanistica – ci vorranno decenni per arrivarci …








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