2014-08-25 15:54:00

Iraq. Mons. Tomasi: appelli del Papa a comunità internazionale sono chiari


Al Meeting di Rimini è intervenuto oggi l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra. Ha parlato di immigrazione, ha ricordato il nunzio apostolico Pietro Sambi, scomparso nel 2011, ma soprattutto ha lanciato un accorato appello alla comunità internazionale perché faccia qualcosa per fermare le violenze dei jihadisti in Iraq e in altre aree, dove le minoranze religiose vengono perseguitate o eliminate. Sul ruolo della Chiesa in questa regione, ascoltiamo lo stesso mons. Tomasi intervistato dalla nostra inviata Debora Donnini:

R. – In questo contesto di violenza e di tragedia, il compito della Chiesa è difficile ma continuo. La testimonianza del Santo Padre è chiara: continua a fare appelli alla comunità internazionale e a tutti noi credenti di pregare per trovare la via della pace, invitando al negoziato e invitando i Paesi che ne hanno la capacità, attraverso i meccanismi delle Nazioni Unite, di fermare l’aggressore. Poi, i vescovi locali, i Patriarchi sia ortodossi che cattolici dei vari riti – il rito siriaco, caldeo, melkita – si sono riuniti alcuni giorni fa e hanno chiaramente formulato delle piste di azione importante. Primo, richiedere l’aiuto della comunità internazionale per fermare la violenza e l’uccisione non solo dei cristiani, ma anche degli yazidi e anche di altri gruppi. Pensiamo che vengono decapitati cristiani e dalle foto si vede che le teste vengono messe su degli uncini come decorazioni di muri o cancelli: sono cose inaudite, veramente inaccettabili! Secondo, chiedono che ci sia una presenza internazionale che garantisca il ritorno dei cristiani nei loro villaggi e nelle loro case. Non è giusto che da parte della comunità internazionale si accetti che automaticamente i cristiani siano condannati all’esilio. Hanno il diritto di vivere a casa loro, dove da 1.700 anni sono presenti, da prima dell’arrivo dell’islam, e che possano continuare non solo perché è il loro diritto naturale, ma anche perché sono una presenza che è di beneficio alla comunità islamica che aiuta a diversificare il contesto sociale che lentamente può favorire una democrazia che rispetti l’identità di ogni persona e di ogni gruppo.

D. – Tra l’altro, arrivano notizie inquietanti anche dalla Nigeria, perché il gruppo Boko Haram, che in questi ultimi anni ha compiuto tanti attentati anche contro chiese, ha proclamato il califfato islamico nella città di Gwoza: questa notizia è preoccupante?

R. – E’ preoccupante la violenza usata da Boko Haram. Il fatto che come mezzo di conquista di potere venga usata sistematicamente la violenza contro civili innocenti, in particolare contro cristiani, pone una domanda alla comunità internazionale di come reagire. La Nigeria sta facendo il suo meglio per cercare una soluzione a questa setta fondamentalista che ricerca potere coprendolo con un vocabolario religioso, ma in realtà è il dominio e il controllo del territorio che è alla radice di questo movimento. Quindi da parte della comunità internazionale è necessario condannare e mettere in chiaro che i metodi usati da queste persone sono completamente inaccettabili e sostenere nelle maniere che la comunità internazionale crederà utili il governo nigeriano a completare il suo lavoro di rigetto di questo gruppo.








All the contents on this site are copyrighted ©.