2014-08-27 20:14:00

Gaza: regge tregua. Entro un mese colloqui di pace. Netanyahu vanta successo militare e politico


Tacciono le armi a Gaza da ieri pomeriggio. Regge la tregua raggiunta tra israeliani e palestinesi grazie alla mediazione egiziana, dopo 51 giorni di scontri, con 2143 morti palestinesi e 70 israeliani. E, le diplomazie sono già al lavoro per definire i colloqui di pace. L’Unione europea chiede di andare alle radici del conflitto. Il servizio di Roberta Gisotti:

  

Che “il cessate il fuoco sia preludio a un processo politico come unica strada per raggiungere una pace duratura”, cosi il segretario generale dell’Onu, Ban Ki moon, ammonendo che “ogni violazione sarebbe assolutamente irresponsabile”. Migliaia di palestinesi hanno lasciato i rifugi per rientrare nelle loro case. Riaperto da Israele il valico di Erez, che insieme al valico egiziano di Rafah sotto controllo palestinese serviranno a convogliare gli aiuti. Hamas avrebbe arrestato 15 sospetti informatori dello Stato ebraico. Entro un mese, mediato dall’Egitto, il primo incontro tra rappresentanti di Hamas e di Israele. Il presidente Abu Mazen a Ramallah con la leadership palestinese, ha chiesto lo stop all’occupazione dei Territori e l’unità dei palestinesi sotto l’egida dell’Olp per la fine della colonizzazione. Da parte israeliana la volontà di disarmare Hamas e altri gruppi di miliziani e di smantellare a Gaza i tunnel che arrivano al confine. Ma non tutti in Israele hanno accolto con favore la tregua. Il ministro degli Esteri Lieberman ha rimarcato che “Hamas non può essere partner di alcuna intesa”. Ma il premier israeliano Netanyahu, stasera, nel discorso alla Nazione ha vantato di avere inferto ad Hamas “il colpo più duro dalla sua fondazione”, sottolineando che “è ancora preso per poter stabilire se sia stato effettivamente raggiunto un periodo prolungato di calma”.

Sulla tenuta del cessate-il-fuoco permanente, Massimiliano Menichetti ha chiesto un commento a Gabriele Iacovino, responsabile analisti del Centro studi internazionali:

R. – Sicuramente non è il migliore degli accordi possibili, ma in questo momento fa tacere le armi e pone delle basi per la riapertura di un negoziato tra le parti.

D. – Questo cessate-il-fuoco reggerà? Cosa c’è di diverso rispetto a tutti quelli precedenti che sono stati violati?

R. – E’ difficile immaginare quanto possa reggere ancora il cessate-il-fuoco perché purtroppo, per quanto riguarda la Striscia di Gaza, ciclicamente le posizioni troppo distanti tra le parti non sono riuscite a portare a un negoziato duraturo. Sicuramente i segnali, anche da parte israeliana, sono buoni perché entrambe le parti - sia quella del governo Netanyahu, che dall’altra parte Hamas - al momento non sono politicamente più in grado di portare avanti una lotta reciproca. C’è di diverso il ruolo dell’Egitto - quindi, un attore regionale che prende la leadership nel negoziato - non più utilizzato dagli Stati Uniti come “up” diplomatico, ma primo attore nella questione israelo-palestinese.

D. – Sulla tenuta pesa anche l’insostenibilità dello scontro bellico tra le due parti?

R. - Sì, perché Hamas ha bisogno di portare risultati alla popolazione di Gaza, non solo politici ma risultati economici, perché ormai la popolazione è allo stremo: sia a causa della chiusura dei confini, sia a causa del mal governo di Hamas, che non è riuscito a sfruttare i fondi della comunità internazionale per portare uno sviluppo economico, o almeno un miglioramento. Dall’altra parte c’è la frammentarietà del governo e il premier Netanyahu che non si vuole schiacciare troppo sulle posizioni oltranziste dell’area più radicale del suo esecutivo, anche perché per quanto il supporto della popolazione israeliana all’ultima operazione militare nella Striscia di Gaza sia stato alto, comunque adesso anche la popolazione israeliana vuole una soluzione mediata della questione.

D. - Fra un mese, in realtà, partiranno i negoziati diretti tra le parti. Un mese sarà sufficiente per trovare la distensione necessaria?

R. - Francamente, è difficile prevedere che tra un mese partano negoziati diretti. Probabilmente, ci sarà un nuovo inizio di negoziati indiretti in cui i rappresentanti delle due parti si incontreranno – non reciprocamente, ma con i mediatori egiziani – e da questa prima fase si potrà arrivare a negoziati diretti che sarebbero un risultato enorme, se pensiamo che Israele ed Hamas non si sono assolutamente mai parlati e che non vi è un riconoscimento reciproco. La soluzione è sicuramente lontana, ma in questa fase un negoziato, anche indiretto, è comunque un segnale molto positivo. 








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