2014-08-27 13:58:00

Regge il cessate-il-fuoco a Gaza. In migliaia rientrano nelle case


Regge il cessate-il-fuoco permanente a Gaza, tra israeliani e palestinesi, grazie alla mediazione dell’Egitto. Da ieri, dopo cinquanta giorni di combattimenti, non ci sono né raid né lanci di missili. E mentre le diplomazie lavorano per definire i colloqui tra i rappresentanti di Hamas e del governo israeliano, a Gaza City in migliaia stanno rientrando nelle proprie case. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

E’ la speranza a prevalere in queste ore in cui tacciono le armi di israeliani e palestinesi. Regge il cessate-il-fuoco mediato dall’Egitto ed entrato in vigore da ieri pomeriggio. In 50 giorni di conflitto, sono morti 2.143 palestinesi, in gran parte civili, un quarto di questi, bambini. Sessantanove le persone che hanno perso la vita in campo israeliano, di cui 64 soldati. Gaza City sta tornando, tra paura e timori, alla normalità. Migliaia di persone stanno lasciando i rifugi in cui per settimane hanno trovato riparo. Cibo, medicinali e altri generi di prima necessità sono attesi nella Striscia per aiutare la popolazione palestinese stremata. Gli aiuti passeranno dai valichi israeliani e da quello egiziano di Rafah che resterà d’ora in poi aperto sotto il controllo dell’Autorità palestinese. Le Nazioni Unite hanno ufficializzato la richiesta di valutazione dell’impatto umanitario del conflitto e mentre la diplomazia lavora alla definizione dell’incontro, previsto tra circa un mese sempre con la mediazione egiziana, tra rappresentati di Hamas e del governo israeliano. Sul tappeto ci sono le richieste palestinesi della fine del blocco israeliano, con la riapertura del porto di Gaza e dell’aeroporto internazionale, l’estensione del limite marittimo di pesca, un corridoio terrestre tra Gaza e la Cisgiordania. Gli israeliani chiedono invece il disarmo di Hamas e degli altri gruppi di miliziani, e lo smantellamento della rete di tunnel che giunge fin dentro il confine. In questo quadro, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, auspicando il rispetto del cessate-il-fuoco, ha affermato che eventuali violazioni sarebbero irresponsabili.

Sulla tenuta del cessate-il-fuoco permanente abbiamo chiesto un commento a Gabriele Iacovino responsabile analisti del Centro studi internazionali:

R. – Sicuramente non è il migliore degli accordi possibili, ma in questo momento fa tacere le armi e pone delle basi per la riapertura di un negoziato tra le parti.

D. – Questo cessate-il-fuoco reggerà? Cosa c’è di diverso rispetto a tutti quelli precedenti che sono stati violati?

R. – E’ difficile immaginare quanto possa reggere ancora il cessate-il-fuoco perché purtroppo, per quanto riguarda la Striscia di Gaza, ciclicamente le posizioni troppo distanti tra le parti non sono riuscite a portare a un negoziato duraturo. Sicuramente i segnali, anche da parte israeliana, sono buoni perché entrambe le parti - sia quella del governo Netanyahu, che dall’altra parte Hamas - al momento non sono politicamente più in grado di portare avanti una lotta reciproca. C’è di diverso il ruolo dell’Egitto - quindi, un attore regionale che prende la leadership nel negoziato - non più utilizzato dagli Stati Uniti come “up” diplomatico, ma primo attore nella questione israelo-palestinese.

D. – Sulla tenuta pesa anche l’insostenibilità dello scontro bellico tra le due parti?

R. - Sì, perché Hamas ha bisogno di portare risultati alla popolazione di Gaza, non solo politici ma risultati economici, perché ormai la popolazione è allo stremo: sia a causa della chiusura dei confini, sia a causa del mal governo di Hamas, che non è riuscito a sfruttare i fondi della comunità internazionale per portare uno sviluppo economico, o almeno un miglioramento. Dall’altra parte c’è la frammentarietà del governo e il premier Netanyahu che non si vuole schiacciare troppo sulle posizioni oltranziste dell’area più radicale del suo esecutivo, anche perché per quanto il supporto della popolazione israeliana all’ultima operazione militare nella Striscia di Gaza sia stato alto, comunque adesso anche la popolazione israeliana vuole una soluzione mediata della questione.

D. - Fra un mese, in realtà, partiranno i negoziati diretti tra le parti. Un mese sarà sufficiente per trovare la distensione necessaria?

R. - Francamente, è difficile prevedere che tra un mese partano negoziati diretti. Probabilmente, ci sarà un nuovo inizio di negoziati indiretti in cui i rappresentanti delle due parti si incontreranno – non reciprocamente, ma con i mediatori egiziani – e da questa prima fase si potrà arrivare a negoziati diretti che sarebbero un risultato enorme, se pensiamo che Israele ed Hamas non si sono assolutamente mai parlati e che non vi è un riconoscimento reciproco. La soluzione è sicuramente lontana, ma in questa fase un negoziato, anche indiretto, è comunque un segnale molto positivo.








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