2014-08-29 11:38:00

Perdonanza Celestiniana. Il card. Antonelli: L'Aquila risorgerà


Circa 20mila fedeli hanno partecipato ieri sera all’Aquila nella Basilica di Collemaggio all’apertura della Porta Santa per l’inizio ufficiale della 720ma edizione della Perdonanza celestiniana. Il rito è stato presieduto dal cardinale Ennio Antonelli, presidente emerito del Pontificio Consiglio per la  Famiglia.

Il porporato ha ricordato che “Dio ci offre la sua misericordia. Ma noi per riceverla dobbiamo essere umili, riconoscerci peccatori, essere misericordiosi con gli altri uomini, nostri fratelli. Non possiamo riconciliarci con Dio, se non partecipiamo alla sua vita che è amore, se non condividiamo i suoi sentimenti, la sua misericordia verso tutti. San Pietro Celestino – ha proseguito - ci ammonisce a non ridurre la Perdonanza a un rito folkloristico, di costume. Ci raccomanda di non dimenticare il rimprovero del Signore al suo popolo, per mezzo del profeta Isaia, nella prima lettura: ‘Piegare come un giunco il proprio capo, usare sacco e cenere per letto, forse questo vorresti chiamare digiuno e giorno gradito al Signore? Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel dividere il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne? Allora la tua luce sorgerà come l'aurora, la tua ferita si rimarginerà presto’. Celebrare la Perdonanza, accogliere la misericordia di Dio, viverla e trasmetterla agli altri. Insieme – ha detto il cardinale Antonelli - avete sofferto il terremoto; insieme avete avuto paura; reciprocamente vi siete prestati aiuto nelle necessità. Presto risorgerete, se saprete collaborare, con impegno sincero, anche con sacrificio, nella società civile e nella comunità ecclesiale”.

Fino a questa sera sarà possibile ottenere l'indulgenza plenaria, come disposto nella Bolla del Perdono del 1294 di Papa Celestino V. Sul significato della Perdonanza, ascoltiamo don Luigi Maria Epicoco, parroco all’Aquila, al microfono di Fabio Colagrande:

R. – Il significato è sempre straordinario, perché è il significato della misericordia di Dio e del primato della misericordia di Dio come la forma forse più alta di giustizia. Papa Francesco ci ricorda sempre che la misericordia è la modalità attraverso cui Dio si dà a ciascuno di noi, e la Perdonanza ne è un sacramento, ne è proprio un segno efficace. Di anno in anno, noi non siamo mai le stesse persone dell’anno prima e se quell’abbraccio è sempre lo stesso – perché è l’abbraccio di un padre misericordioso – la nostra vita, che è cambiata in un anno, si ritrova immersa in quell’abbraccio per ritrovare forse la direzione giusta, per potere affrontare un altro anno.

D. – Papa Francesco ha messo la misericordia proprio al centro del suo magistero. Ma cosa significa, dal punto di vista pastorale, avere misericordia – glielo chiedo anche nella sua veste di sacerdote?

R. – Io penso che la misericordia e la centralità della misericordia, così come Papa Francesco ci insegna, non siano un “volemose bene”, come magari qualche media va sbandierando a destra e a sinistra; la misericordia è molto più importante perché è un sentirsi amati e voluti. Quando una persona si sente amata, trova la forza di fare qualunque cosa, nella vita, anche grandi cambiamenti, anche una conversione, appunto, cioè un cambiamento radicale della propria esistenza. Ma l’amore di Dio è un amore gratuito, un amore che ci fa sentire amati e quindi ci abilita ad essere, poi, uomini fino in fondo. Questa è la misericordia, questo è l’annuncio della misericordia, questo è lo sguardo di misericordia che il cristianesimo dovrebbe portare al mondo. Il far sentire addosso alle persone, alla Storia, questo amore di Dio che è l’unica cosa che ci abilita a vivere una vita degna di questo nome, degna di essere vissuta.

D. – Dal giorno del terremoto, dal 6 aprile 2009, questa festa, questa celebrazione ha acquistato un significato particolare per l’Aquila e per tutta la zona colpita da quel sisma. Quest’anno, che significato ha la Perdonanza?

R. – A me ha fatto sempre riflettere il fatto che le preghiere dei malati hanno più efficacia delle altre preghiere, semplicemente perché quando una persona soffre, è portata a concentrarsi soprattutto su se stessa; invece, quando una persona che soffre si preoccupa di qualcun altro, questo ha del rivoluzionario, questo smuove i cieli e spalanca la capacità di Dio di intervenire nella storia. Io immagino che L’Aquila sia un po’ così: un ammalato che vive sofferenze serie, a volte delle paralisi burocratiche che non le permettono ancora di rimettersi in piedi, ma l’aver conservata intatta la Perdonanza, cioè preoccuparsi di continuare a testimoniare questo Perdono e a darlo a tutta la gente, alle migliaia di persone che poi vengono qui in pellegrinaggio, significa riprendersi un significato molto più profondo, un non vivere questo evento della Perdonanza come una scenografia, ma è una città terremotata che continua a riproporre il gesto della Perdonanza e forse merita di essere ascoltata di più, non solo dai Cieli, ma forse anche da qualcuno che sulla Terra potrebbe tenere anche i destini di questo territorio.

D. – La visibilità a livello nazionale dell’Aquila, da quel giorno, però, piano piano è andata scemando. Si parla sempre meno degli effetti di quel sisma sulla società e sulla struttura commerciale ed economica dell’Aquila. A che punto siamo?

R. – La maggior parte dei miei amici, quando mi domandano: “Com’è L’Aquila?”, io li invito a venire, perché quando uno fisicamente percorre il centro storico, quando passeggia un po’ in questo territorio, rimane poi silenzioso e tutti concludono con questa affermazione: “Non immaginavamo questa realtà”. Perché? Perché a livello mediatico le storie devono concludersi, no?, e questo “… e vissero felici e contenti” è arrivato anche un po’ sulla cronaca del terremoto dell’Aquila. In realtà, qui il “… e vissero felici e contenti” è ancora un po’ lontano da venire. Questo territorio, invece, ha bisogno che ancora l’Italia si interessi di questa fetta di terra che poi è il cuore dell’Italia in questo Centro Italia e soprattutto, non è banalmente un piccolo borgo disperso su una montagna, ma è un capoluogo di Regione che è stato colpito e insieme ad esso tutta l’economia, con centinaia di famiglie, migliaia di persone che sono rimaste senza lavoro e vivono una crisi amplificata perché, in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo, vivere in un territorio terremotato significa vedere tutto più pesantemente ferito e pesantemente vissuto. Quindi, sarebbe molto bello se i riflettori si riaccendessero, non soltanto per dare una visibilità pubblicitaria, ma per dire che forse, proprio a partire dall’Aquila, si potrebbe ricominciare anche una ricrescita economica per questo nostro Paese. E forse anche per l’Europa, perché è stato definito “il cantiere più grande d’Europa”.








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