2014-09-01 14:51:00

Pakistan: manifestanti anti-Sharif occupano tv di Stato


Nuove tensioni in Pakistan. La sede della tv di Stato "Ptv" è stata assaltata a Islamabad da circa 400 oppositori che, guidati dal politico ed ex giocatore di cricket, Imran Khan, e dall’imam, Tahir ul-Qadri, da due settimane manifestano per chiedere le dimissioni del premier, Nawaz Sharif, vincitore delle legislative del 2013. Interrotte per più di un'ora le trasmissioni. Sono intervenuti i soldati dell'esercito, che hanno allontanato i manifestanti e l’emittente ha così ripreso i programmi. Il capo dell’esercito, il generale Raheel Sharif, ha poi incontrato il primo ministro a Rawalpindi e ha esortato il governo a risolvere la situazione di stallo politico senza far ricorso alla forza. Da sabato scorso, si contano almeno tre vittime e 500 feriti nelle proteste. Perché questa degenerazione delle manifestazioni? Risponde Elisa Giunchi, docente di Storia e istituzioni dei Paesi islamici all’Università Statale di Milano ed esperta dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi). L’intervista è di Giada Aquilino:

R. - Il problema è che nessuna delle parti coinvolte è disposta, al momento, a un compresso. Quindi, ci si trova in una situazione di stallo che presenta dei pericoli. Lo stallo c’è perché, da una parte, Nawaz Sharif ha annunciato la creazione di una commissione che investigherà sulle accuse di brogli elettorali, ma non ha fatto ulteriori e concessioni, dall’altra Imran Khan e Tahir ul-Qadri rifiutano sostanzialmente il dialogo e il compromesso con il governo, chiedendo delle misure che sono in realtà in parte estremamente vaghe - la formazione cioè di un governo nazionale di tecnocrati che introdurrebbero una nuova Costituzione, i cui termini però sono ancora indefiniti e in parte non realizzabili al momento: ad esempio le dimissioni di Nawaz Sharif, che per diversi motivi non sono probabili nell’attuale contesto, anche strategico, che caratterizza il Pakistan.

D. - Quali sono i pericoli di questa situazione di stallo?

R. - Innanzitutto, che gli estremisti possano approfittare della situazione. Perché non sono semplicemente presenti nelle aree tribali e nella fascia Pashtun, ma hanno delle cellule anche a Islamabad, a Lahore, a Karachi, che potrebbero approfittare delle situazioni di disordine per degli attentati, col risultato di destabilizzare ulteriormente il governo e di indebolire la situazione militare nel nord Waziristan. Un altro pericolo è dato dal ruolo dell’esercito: per ora, l’esercito ha assunto un ruolo di mediazione, un po’ come era stato il ruolo delle forze armate egiziane a Tahrir, nella fase iniziale delle proteste nel 2011. Ma potrebbe avere la tentazione di intervenire in maniera diretta, presentandosi - come spesso ha fatto nel corso della storia pachistana - come l’attore che salva un po’ la situazione e il Paese dal disordine, dall’ulteriore destabilizzazione.

D. - Secondo alcuni analisti, le proteste sarebbero di fatto mosse proprio dai militari. Ci sono rischi di un colpo di Stato?

R. - I militari non amano Nawaz Sharif, perché non vi è una coincidenza di strategie e di visioni per ciò che riguarda il dialogo con i talebani, il rapporto con l’India. E soprattutto perché Nawaz Sharif oggi - così come negli anni Novanta - cerca di ridurre il peso politico delle Forze armate pachistane, le quali - come sotto il periodo 2008-2013 di Zardari - controllano ancora alcuni settori di cruciale importanza - il nucleare, la politica regionale, in particolare verso l’Afghanistan e l’India - e hanno una decisa autonomia, soprattutto per le decisioni di difesa nazionale. Da qui, l’impossibilità, tra l’altro, di ridurre le spese dedicate alle Forze armate, spostando così delle risorse allo sviluppo sociale e allo sviluppo umano. Quindi, l’esercito non ama Sharif ma, detto questo, probabilmente è molto riluttante a intervenire perché ormai anche la sua immagine nei decenni di regime militare - l’ultimo è quello di Musharraf - è stata notevolmente oscurata in quanto i regimi militari si sono rivelati incapaci di risolvere i problemi più pressanti e più strutturali del Paese. Si rendono poi anche conto che se andassero direttamente al potere, si troverebbero a dover gestire dei problemi grandissimi, dovendosi assumere delle responsabilità molto forti per ciò che riguarda in particolare la campagna miliare contro gli estremisti e il rapporto con gli Stati Uniti. Un altro scenario è, invece, quello appunto del colpo di Stato, che probabilmente qualcuno sta anche prendendo in considerazione. Ma è uno scenario che comporta dei pericoli: gli Stati Uniti probabilmente non gradirebbero. E a ciò sono legati gli aiuti di cui il Pakistan ha assolutamente bisogno per sopravvivere: aiuti di cui hanno bisogno anche i vertici delle forze armate.








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