2014-09-02 13:23:00

Libia: si combatte a Bengasi, Paese sempre più diviso


In Libia, infuria la battaglia a Bengasi. E' di almeno 25 morti il bilancio degli scontri tra le forze speciali guidate dal generale ribelle Khalifa Haftar e le milizie islamiste, tra cui quelli di Ansar al Sharia, che stanno tentando di conquistare l'aeroporto. Nel mese scorso, le milizie islamiste avevano conquistato quasi tutti gli avamposti in mano agli uomini di Haftar, a Bengasi. Sulla situazione di caos che vive la Libia, Debora Donnini ha intervistato Gabriele Iacovino, responsabile di Medio Oriente e Nord Africa per il Centro Studi Internazionali:

R. - La Libia, di fatto, è un Paese diviso e combattuto ormai da tre macrorealtà: le milizie più laiche da una parte, le milizie islamiste dall’altra e infine le milizie legate al panorama jihadista internazionale legate in parte anche ad Al Qaeda, ma di fatto vicine ad alcune ideologie operative anche con lo Stato Islamico di Iraq e del Levante. I fatti di Bengasi stanno a dimostrare proprio questa divisione.

D. - Guardando anche a quello che sta succedendo in generale in Africa – Nigeria, Mali, Nord Africa, Somalia – secondo lei, il continente è la seconda linea della questione jihadista nel mondo?

R. - Se vogliamo attualmente è la una seconda linea perché la Siria e l’Iraq sono il palcoscenico della jihad globale. Chiunque voglia andare a combattere il proprio jihad è portato ad andare in questi Paesi. Di fatto le minacce jihadista e qaedista - non ci dimentichiamo che la presenza di Al Qaeda è forte in Africa - comunque rimangono costanti, molto presenti, non solo territorialmente e socialmente, perché i gruppi legati al panorama jihadista internazionale sono sempre più legati in Africa al palcoscenico sociale e tribale del Paese.

D. - La Libia è di fatto in una situazione di caos: il parlamento ha dato al premier designato Abdullah Al Thani due settimane di tempo per formare un nuovo governo. Un nuovo esecutivo potrà realmente stabilizzare la situazione in Libia?

R. - Purtroppo le premesse non sono delle migliori, perché di fatto il dialogo tra le varie realtà - quindi tra quelle islamiste e quelle più laiche - in questo momento è abbastanza limitato. Sono più le milizie a combattersi che gli esponenti politici a dialogare. Quindi le premesse per un nuovo governo in questo non sono delle migliori. Sicuramente c’è bisogno di un piano politico e diplomatico importante, ma il solo governo libico senza l’aiuto forte della Comunità internazionale che si ponga come paciere, dialogare della situazione e delle varie realtà libiche potrebbe avere poche possibilità di riuscita.








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