2014-09-03 14:41:00

Mons. Shomali: Medio Oriente, pochi cristiani in mezzo a eruzione vulcanica


A Gaza, nonostante la tregua in corso tra Israele e Hamas, il clima è quello della devastazione e del caos di ogni dopo-guerra. Il vicario patriarcale di Gerusalemme dei Latini, mons. William Shomali, ha fatto visita alle comunità cristiane di Gaza. Giancarlo La Vella gli ha chiesto come la gente stia vivendo questa drammatica situazione:

R. – E’ come qualcuno che ha subito un intervento chirurgico: rimane in sofferenza, perché non sono tornati alle attività normali; le scuole sono chiuse, molta dell’industria leggera è stata distrutta; i senza casa sono oltre 300 mila, molti dormono all’aperto, perché di notte non fa freddo … e aspettano una soluzione politica al loro dramma. Se comincia la ricostruzione di Gaza, molti troveranno lavoro: operai, professionisti … Ma per il momento, tutti sono in attesa di qualche cosa …

D. – C’è la speranza che il cessate-il-fuoco, se prolungato, possa consentire una qualche ripresa, una normalizzazione?

R. – La cosa più importante è il dialogo politico tra Hamas, palestinesi e israeliani. Infatti, Hamas ha fatto la guerra per ottenere qualcosa: se non ottiene niente, vuol dire che la guerra è stata assurda. Hamas ha combattuto sette settimane e ha ottenuto solo quello che è stato offerto dopo la prima settimana: dunque Hamas, politicamente – fino ad oggi – ha perso. Noi aspettiamo, preghiamo e speriamo. Solo questo possiamo dire. Ma non sappiamo il futuro cosa sarà …

D. – Qual è il ruolo della Chiesa?

R. – Noi come Chiesa abbiamo fatto tanto a livello umanitario: lo riconoscono gli ortodossi, gli anglicani, i musulmani a Gaza; me l’hanno detto più persone, che il coraggio della Caritas e delle altre agenzie cattoliche durante la guerra è stato molto apprezzato. Portavamo un pasto caldo, anche, a tutti quelli che facevano il digiuno del Ramadan. Non eravamo soli; c’erano anche altre agenzie internazionali, certo, perché gli affamati erano migliaia e migliaia. Comunque, la Chiesa ha dato un contributo immenso, in particolare considerando che le persone aiutate erano in maggioranza musulmane.

D. – Secondo lei, c’è un segno di speranza su cui lavorare? Qual è ora la situazione?

R. – E’ come un’eruzione vulcanica: c’è la fase che la precede, poi c’è l’eruzione e c’è il “dopo”. Adesso siamo nella seconda fase: c’è un’eruzione vulcanica in tutto il Medio Oriente, dall’Iraq allo Yemen, alla Siria, alla Libia, il Libano, Gaza … Il vulcano durerà … Non sappiamo quanto …

D. – E non c’è posto, per i cristiani?

R. – Siamo pochi. Se vogliamo essere sale della terra, dobbiamo essere diffusi ovunque. Questo è il Vangelo.








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