2014-09-08 13:00:00

Il dolore del Papa per le suore italiane uccise in Burundi


Cordoglio di Papa Francesco per la morte di tre suore missionarie saveriane italiane uccise nel loro convento in Burundi nella missione di Kamenge, zona Nord della capitale Bujumbura. Si tratta di suor Olga Raschietti, suor Lucia Pulici, e suor Bernardetta Boggian. In due telegrammi, uno al nunzio a Bujumbura – mons. Evariste Ngoyagoye – e l’altro alla Superiora generale delle Missionarie Saveriane - suor Ines Frizza -, il Papa si dice “colpito dalla tragica morte” delle religiose e “auspica che il sangue versato diventi seme di speranza per costruire l’autentica fraternità tra i popoli”. Francesco assicura dunque le sue preghiere per queste “generose testimoni del Vangelo” ed esprime la sua vicinanza e partecipazione alla Congregazione delle tre suore e a tutta la comunità di fedeli del Burundi. Al microfono di Marina Tomarro ascoltiamo padre Mario Pulcini superiore dei missionari Saveriani in Burundi, che operava insieme alle religiose da molti anni:

R. - Ieri pomeriggio, verso le 13:30, quando le  saveriane sono andate all’aeroporto per accogliere alcune consorelle che tornavano dall’ Italia, due sorelle, suor Lucia e suor Olga, in quel momento di assenza delle altre sorelle, è avvenuta la tragedia. Verso le 16:30 ero nel mio ufficio e le sorelle di ritorno dall’aeroporto sono venute e mi hanno detto: “Padre Mario, la casa è chiusa, le sorelle non rispondono, siamo preoccupate. Abbiamo chiamato, abbiamo gridato e non c’è stata nessuna risposta... Le tende sono tirate, chiuse”. Poi hanno fatto un giro nel quartiere per cercare e hanno chiesto… Sono tornate dicendo che nel quartiere non c’erano. Allora abbiamo cominciato a preoccuparci. Mi sono messo davanti alla porta e ed ero quasi pronto a sfondarla.  A un certo punto una delle sorelle, che ha fatto il giro della casa, ha trovato una porticina aperta. Siamo entrati e abbiamo trovato le sorelle per terra. Stanotte noi avevamo consigliato alle sorelle di non alloggiare lì nella casa ma hanno voluto rimanere. Verso le 2 di notte, una di loro mi ha chiamato al telefono e mi ha detto: “Padre Mario, sentiamo rumori in casa, abbiamo paura…”. Mi sono vestito e sono andato con un altro confratello. Siamo entrati e abbiamo girato e verificato le stanze: abbiamo trovato suor Bernardetta a terra nella sua stanza, nella stessa posizione delle altre due, il giorno prima.

D. - Secondo lei cosa potrebbe essere successo?

R. – Diciamo che qui siamo tutti sotto choc. E’ una cosa troppo grossa, può darsi anche una vendetta, può darsi che ci sia stata qualcosa con qualcuno… Ma, proprio non riusciamo a trovare una giustificazione, una motivazione, per delitti così efferati. Stiamo cercando nei quartieri, chiediamo a destra e sinistra…

D. - Padre Mario, chi erano suor Olga, suor Lucia, suor Bernardetta, come operavano nella vostra missione?

R. – Dunque, le tre consorelle erano qui a Kamenge da circa sette anni. Prima avevano lavorato in Congo, tutte e tre. Poi quando hanno aperto una comunità qui a Kamenge, hanno deciso di venire a condividere il nostro lavoro qui. Suor Lucia Pulici ha lavorato soprattutto a livello di sanità: aveva curato migliaia di malati. Faceva un lavoro straordinario per la parrocchia, per la Chiesa, servizi semplici… Era molto ben voluta dalla gente. Olga aveva lavorato anche lei tanti anni in Congo nella catechesi, nella pastorale dell’ insegnamento… Però aveva una grandissima sensibilità per gli ammalati. Tutti i giorni veniva: “Sono andata da questo, da quest’altro…Sta male, gli ho portato un po’ di latte, un po’ di cose…”. E Bernardetta, che è stata superiora per parecchi anni, anche nella direzione generale, si dedicava soprattutto a scuola di taglio e cucito per ragazze. Veramente è una grandissima perdita per noi, per Kamenge, per la Chiesa nel Burundi e io penso anche per il Congo adesso.

D. – Come hanno reagito gli abitanti del posto, coloro con i quali le tre suore lavoravano quotidianamente?

R. - Si sono affollati qui intorno alla Chiesa, alla parrocchia, erano veramente scioccati anche loro. La loro paura è che andiamo via, che lasciamo il quartiere, la parrocchia. In più si danno da fare per aiutare, cercare per l’inchiesta…  Se c’è qualche dubbio, qualche cosa, vengono subito a dircelo ... Questa è veramente una tragedia che rischia di mettere in crisi la gente e gli operatori, soprattutto i catechisti e altri che aiutano la parrocchia.








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