2014-09-08 09:00:00

Il Papa a Sant'Egidio: i leader religiosi collaborino per la pace


"Il rispetto reciproco, il dialogo e la cooperazione aiuteranno a bandire il sinistro fantasma del conflitto armato". Sono le forti parole del messaggio inviato da Papa Francesco all’incontro dei leader religiosi mondiali, annuale appuntamento organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio, quest'anno dal titolo “La pace è il futuro”. Il testo del Papa è stato letto ieri pomeriggio durante la cerimonia inaugurale dell’incontro che si svolge ad Anversa, in Belgio, fino a martedì. La nostra inviata Francesca Sabatinelli:

Rispetto, dialogo e cooperazione, sono le armi con le quali sconfiggere le guerre. La parola di Papa Francesco arriva forte ai leader religiosi, ma anche ai politici e agli intellettuali, riuniti qui ad Anversa per l’incontro di Sant’Egidio. Il Papa fa riferimento ai conflitti che insanguinano i nostri giorni, partendo dalle lezione impartita cento anni fa dallo scoppio della Prima guerra mondiale: “Questo anniversario – dice Francesco – ci insegna che la guerra non è mai un mezzo soddisfacente a riparare le ingiustizie e a raggiungere soluzioni bilanciate alle discordie politiche e sociali”. Ogni guerra, aggiunge Francesco citando Benedetto XV nel 1917: “è una inutile strage”. “La guerra trascina i popoli in una spirale di violenza che poi si dimostra difficile da controllare, demolisce ciò che generazioni hanno lavorato per costruire e prepara la strada a ingiustizie e conflitti ancora peggiori”.

Il Papa non cita direttamente alcun luogo di conflitto, ma parla delle ‘guerre’ che oggi affliggono gli uomini, rovinano la vita a giovani e anziani, avvelenano la convivenza tra gruppi etnici e religiosi diversi, costringendo intere comunità all’esilio, non si può rimanere passivi di fronte a tanta sofferenza e a tanti “inutili stragi”. Ecco quindi che le varie tradizioni religiose, unite dallo Spirito di Assisi, possono dare un contributo alla pace, con la forza della preghiera e del dialogo. “La guerra - aggiunge il Papa - non è mai necessaria, né inevitabile”. Si può trovare sempre un’alternativa: è la via del dialogo dell’incontro e della sincera ricerca della verità.

Francesco invita quindi i leader religiosi riuniti in Belgio affinché “cooperino con efficacia all’opera di guarire le ferite, di risolvere i conflitti” e li richiama “ad essere uomini e donne di pace”. Le nostre comunità, conclude il messaggio, siano “scuole di rispetto e di dialogo con quelle di altri gruppi etnici o religiosi, luoghi in cui si impara a superare le tensioni, a promuovere rapporti equi e pacifici tra i popoli e i gruppi sociali e a costruire un futuro migliore per le generazioni a venire”. 

Sulla reale possibilità che le religioni hanno di sconfiggere con il dialogo la violenza e la guerra, Francesca Sabatinelli ha intervistato il vescovo di Anversa, mons. Johan Bonny:

R. – Ovunque adesso ci sia la guerra, le vittime sono - prima di tutto - i civili e non più i militari. Se ricordo bene, otto vittime sono civili su uno che è militare: questo vuol dire che la guerra ormai non è soltanto una questione di eserciti uno contro l’altro o di gruppi armati; sono conflitti che fanno vittime fra i civili: siano esse cristiane, musulmane, ebree… è sempre la gente semplice, onesta, che paga il conto dei conflitti. Dunque se tra le regioni cerchiamo un riavvicinamento, questo è importante averlo tra chi è al centro, chi è moderato, chi è minacciato nelle sua esistenza: quello che unisce le vittime tra di loro, lì c’è un punto di riavvicinamento tra le religioni, perché le vittime adesso le abbiamo da tutte le parti.

D. – Nei giorni scorsi si è parlato di una “Onu delle religioni”, lo ha fatto Shimon Peres, incontrando il Papa… Lei crede che sia una possibile strada anche diplomatica da percorrere?

R. – E’ una bella espressione l’“Onu delle religioni”, non è una struttura che abbiamo, perché siamo già diverse confessioni all’interno della famiglia cristiana: non è facile elaborare delle strutture in comune, come il Consiglio mondiale delle Chiese di Ginevra o il Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, che lavorano in questa direzione. E’ molto importante avere degli incontri come questo qui, dove si è fuori del proprio Paese, fuori dei propri conflitti e dove quindi può parlare liberamente con un altro senza essere sotto la pressione dell’ultimo evento o dell’opinione pubblica, incontrandosi nella fraternità. Anche se tutto quello rimane limitato, ma un posto dove si possa liberamente parlare l’uno con l’altro e cercare quello che ci unisce piuttosto che quello che ci divide. Tutto comincia con i rapporti umani, con l’amicizia: perché non utilizzare questa parola? L’amicizia si può avere anche con qualcuno che ha altre idee, che appartiene ad un’altra religione.

D. – Papa Francesco, nel suo messaggio, ha comunque ribadito che le religioni insieme possano riuscire con preghiera e dialogo a sconfiggere violenza e guerra?

R. – In ogni caso è un compito delle religioni creare questa piattaforma morale, etica o spirituale sulla quale costruire la pace. Le Chiese non sono lì per organizzare il mondo, ma certamente per contribuire alla creazione di questa piattaforma etica, morale e spirituale sulla quale costruire un riavvicinamento dei popoli. Dunque il nostro compito come Chiese si trova lì. Siamo noi co-responsabili, gli uni con gli altri, per questa piattaforma, per questo fondamento morale e etico. Lì dobbiamo lavorare ancora di più insieme: non tanto discutendo sulle nostre differenze in campo dogmatico, ma lavorare insieme per rinforzare questa piattaforma, questo fondamento dei principi etici e spirituali sui quali costruire la pace. Lì il Papa ha ragione. E poi lui segue molto da vicino tutti gli ultimi sviluppi nell’Europa dell’Est e nel Medio Oriente, dove i cristiani vogliono collaborare ad un futuro di pace. Ogni religione – cristiana, ebraica o musulmana - deve sempre rileggere i propri testi, perché nei nostri testi sacri c’è sempre un meccanismo di autocorrezione: i nostri profeti Isaia e Geremia – per esempio – sono molto critici riguardo ad ogni forma di ingiustizia, di oppressione dei poveri e delle guerre. Dobbiamo quindi ri-assumere queste pagine nelle quali siamo invitati da Dio a correggere tutto quanto sia oppressione, ingiustizia, violenza.








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