2014-09-08 14:01:00

Somalia: nuovo leader al Shabaab. Hrw: abusi da parte dei soldati


I miliziani islamici di Al Shabaab, che controllano ampie parti della Somalia, hanno scelto Ahmad Umar come loro nuovo leader, dopo la morte di Ahmed Abdi Godane, ucciso la scorsa settimana da un drone statunitense. A rivelarlo un comunicato del gruppo estremista affiliato ad Al Qaida, nel quale i combattenti annunciano pure vendetta per l'uccisione di Godane. Intanto Human Rights Watch ha diffuso il suo ultimo rapporto, in cui si denunciano abusi sessuali su donne e bambine di Mogadiscio da parte dei soldati dell’Amisom. Tra l'altro, oggi un attentato ha colpito un convoglio della stessa missione dell'Unione Africana operativa in Somalia dal 2007, provocando almeno 12 vittime. Ma che momento sta attraversando ora la Somalia? Giada Aquilino lo ha chiesto a Vincenzo Giardina, africanista dell’agenzia missionaria Misna:

R. – E’ un momento molto difficile, nonostante le speranze suscitate dalla creazione di un governo sostenuto dalle Nazioni Unite. Sabato, il ministro per la Sicurezza nazionale della Somalia, Khalif Ahmed Ereg, ha detto di avere informazioni circa la pianificazione di attentati da parte di al Shabaab contro ospedali, scuole e altri edifici pubblici. Quindi una situazione di tensione che non accenna a diminuire, nonostante i risultati ottenuti negli ultimi mesi, anche su un piano propriamente militare, dal governo somalo, con il sostegno della missione dell’Unione Africana e con il supporto di operazioni con droni, come quella che appunto lunedì scorso ha portato all’uccisione di Abdi Godane, ritenuto dagli Stati Uniti uno dei primi della lista nera del terrorismo internazionale. Godane è il leader, il comandante di al Shabaab, che nel 2009, un anno dopo aver assunto la guida di questa organizzazione di matrice islamica, annunciò una nuova fedeltà di al Shabaab ad al-Qaeda.

D. – Tra l’altro, gli al Shabaab si sono affrettati a rinnovare questa alleanza con al Qaeda. Ma la scelta del nuovo leader in quale quadro si pone per i miliziani islamici? Godane aveva trasformato quella che era una insurrezione locale in un movimento attivo in molti Paesi dell’Africa orientale…

R. – Arriva in un contesto non facile, come testimonia la conquista - mettendoci nella prospettiva delle forze del governo somalo - di Buulo Mareer, che è una loclaità di rilievo della Somalia centro meridionale. Quindi prosegue quella controffensiva da parte delle forze africane che ha permesso – nell’agosto del 2011 – di ristabilire un controllo su Mogadiscio e poi su altri luoghi della Somalia centro meridionale, che è un po’ tradizionalmente la zona dove al Shabaab è stata più forte.

D. – Per l’impostazione, la conquista del territorio e le azioni che gli al Shabaab compiono, è possibile fare un parallelo con il sedicente Stato Islamico in Iraq e in Siria?

R. – In questi giorni sulla stampa africana ci sono molti articoli relativi a possibili alleanze e sinergie tra gruppi che operano in contesti geografici molto differenti, lo Stato Islamico in Siria e in Iraq, al Shabaab in Somalia, Boko Haram in Nigeria. La stampa nigeriana rilanciava, negli ultimi giorni, ipotesi circa alleanze che nel nome di un agognato Califfato mettano insieme esperienze differenti. Allo stesso tempo è anche vero che il messaggio della scorsa settimana di al Zawahiri, ritenuto il comandate in capo di al Qaeda, affermava come obiettivo l’instaurazione del Califfato, però poi non faceva alcuna menzione dello Stato Islamico: ciò è apparso a molti una conferma in realtà di divisioni e alleanze tutt’altro che prevedibili e automatiche tra i diversi gruppi e componenti della galassia jihadista.

D. – In Somalia è operativa una missione dell’Unione Africana, l’Amisom. Ci sono organizzazioni umanitarie, come Human Rights Watch, che denunciano abusi sessuali da parte di quei soldati. Ci sono controlli sul campo o la Somalia è una vera e propria terra di nessuno?

R. – E’ un rapporto di oltre 70 pagine che è fondato su interviste e testimonianze raccolte. Human Rights Watch fonda il suo studio sulle interviste a 21 donne e ragazze che avevano cercato aiuto - anche di carattere umanitario, acqua, cibo… - in due basi Amisom a Mogadiscio. I racconti che sono stati raccolti effettivamente sono raccapriccianti e davvero suggeriscono, se provati, una realtà dove i controlli sono pochi, anche a Mogadiscio, che è comunque il cuore politico delle istituzioni somale sostenute dalle Nazioni Unite.








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