2014-09-09 07:26:00

Violenze sessuali all'interno delle basi dell'UA in Somalia


Gli integralisti somali al Shabaab rivendicano l'attentato contro il convoglio della forza dell'Unione africana in Somalia, che ha provocato ieri la morte di 12 civili e il ferimento di quasi trenta persone.  Intanto arriva la denuncia di violenze sessuali all’interno della base dell’Unione Africana a Mogadiscio. Il servizio Fausta Speranza

Obiettivo, un comandante americano che addestra le forze speciali somale.  Ma non è stato lui a perdere la vita: piuttosto i civili che viaggiavano a bordo di un minibus, coinvolti dall’esplosione kamikaze a 30 km a nord di Mogadiscio. I jihadisti sostengono che si è trattato di  una rappresaglia dopo l'uccisione del loro leader, Ahmed Abdi, in un raid Usa, la settimana scorsa. Leader subito sostituito da Ahmed Umar Abu Ubaida, che ha ribadito l'alleanza con al Qaeda. Ma a proposito di Somalia, bisogna riferire la denuncia scioccante dell’organizzazione umanitaria Human Rights Watch: soldati della Missione dell'Unione africana in Somalia (Amisom) hanno sfruttato ed abusato sessualmente donne e bambine somale che avevano chiesto aiuto alla loro base a Mogadiscio. Da più parti si chiede che i soldati colpevoli vengano individuati e perseguiti, con la collaborazione dei governi dei Paesi africani da cui provengono.

Della situazione in Somalia Giada Aquilino ha parlato con Vincenzo Giardina, dell’agenzia missionaria Misna:

R. – E’ un momento molto difficile, nonostante le speranze suscitate dalla creazione di un governo sostenuto dalle Nazioni Unite. Sabato, il ministro per la Sicurezza nazionale della Somalia, Khalif Ahmed Ereg, ha detto di avere informazioni circa la pianificazione di attentati da parte di al Shabaab contro ospedali, scuole e altri edifici pubblici. Quindi una situazione di tensione che non accenna a diminuire, nonostante i risultati ottenuti negli ultimi mesi, anche su un piano propriamente militare, dal governo somalo, con il sostegno della missione dell’Unione Africana e con il supporto di operazioni con droni, come quella che appunto lunedì scorso ha portato all’uccisione di Abdi Godane, ritenuto dagli Stati Uniti uno dei primi della lista nera del terrorismo internazionale. Godane è il leader, il comandante di al Shabaab, che nel 2009, un anno dopo aver assunto la guida di questa organizzazione di matrice islamica, annunciò una nuova fedeltà di al Shabaab ad al-Qaeda.

D. – Tra l’altro, gli al Shabaab si sono affrettati a rinnovare questa alleanza con al Qaeda. Ma la scelta del nuovo leader in quale quadro si pone per i miliziani islamici? Godane aveva trasformato quella che era una insurrezione locale in un movimento attivo in molti Paesi dell’Africa orientale…

R. – Arriva in un contesto non facile, come testimonia la conquista - mettendoci nella prospettiva delle forze del governo somalo - di Buulo Mareer, che è una loclaità di rilievo della Somalia centro meridionale. Quindi prosegue quella controffensiva da parte delle forze africane che ha permesso – nell’agosto del 2011 – di ristabilire un controllo su Mogadiscio e poi su altri luoghi della Somalia centro meridionale, che è un po’ tradizionalmente la zona dove al Shabaab è stata più forte.

D. – Per l’impostazione, la conquista del territorio e le azioni che gli al Shabaab compiono, è possibile fare un parallelo con il sedicente Stato Islamico in Iraq e in Siria?

R. – In questi giorni sulla stampa africana ci sono molti articoli relativi a possibili alleanze e sinergie tra gruppi che operano in contesti geografici molto differenti, lo Stato Islamico in Siria e in Iraq, al Shabaab in Somalia, Boko Haram in Nigeria. La stampa nigeriana rilanciava, negli ultimi giorni, ipotesi circa alleanze che nel nome di un agognato Califfato mettano insieme esperienze differenti. Allo stesso tempo è anche vero che il messaggio della scorsa settimana di al Zawahiri, ritenuto il comandate in capo di al Qaeda, affermava come obiettivo l’instaurazione del Califfato, però poi non faceva alcuna menzione dello Stato Islamico: ciò è apparso a molti una conferma in realtà di divisioni e alleanze tutt’altro che prevedibili e automatiche tra i diversi gruppi e componenti della galassia jihadista.

D. – In Somalia è operativa una missione dell’Unione Africana, l’Amisom. Ci sono organizzazioni umanitarie, come Human Rights Watch, che denunciano abusi sessuali da parte di quei soldati. Ci sono controlli sul campo o la Somalia è una vera e propria terra di nessuno?

R. – E’ un rapporto di oltre 70 pagine che è fondato su interviste e testimonianze raccolte. Human Rights Watch fonda il suo studio sulle interviste a 21 donne e ragazze che avevano cercato aiuto - anche di carattere umanitario, acqua, cibo… - in due basi Amisom a Mogadiscio. I racconti che sono stati raccolti effettivamente sono raccapriccianti e davvero suggeriscono, se provati, una realtà dove i controlli sono pochi, anche a Mogadiscio, che è comunque il cuore politico delle istituzioni somale sostenute dalle Nazioni Unite.

   








All the contents on this site are copyrighted ©.