2014-09-12 12:49:00

Cresce coalizione Paesi contro jihadisti: sì anche da 10 Paesi arabi


Anche dieci Paesi arabi hanno accettato di partecipare alla coalizione proposta dagli Usa contro il sedicente Stato Islamico (Is). Secondo la Cia, da giugno è raddoppiato il numero di combattenti dell'Is in Siria e in Iraq: si parla di un massimo di 30mila jihadisti. A fronteggiare la loro avanzata sul territorio iracheno, gli attacchi aerei americani che in queste ore si sono intensificati attorno a Mosul. E oggi a Baghdad è arrivato il presidente francese Hollande, in segno di vicinanza al nuovo governo di al Abadi e per ribadire l’appoggio contro i terroristi islamici. A bordo del suo aereo 15 tonnellate di aiuti umanitari diretti ad Erbil. Intanto, ennesima strage in Siria: una serie di raid aerei del regime di Assad nella periferia nord di Damasco hanno provocato nelle ultime ore almeno 50 morti, in prevalenza civili. Tra di loro anche sette bambini. Degli ultimi sviluppi nella crisi siriana Fausta Speranza ha parlato con Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Salento:

R. - Purtroppo la situazione sul terreno, in Siria, era già abbastanza complicata: se ora gli attacchi degli Stati Uniti, gli attacchi di una possibile alleanza contro l’Is in Siria non verranno pianificati e coordinati con il governo siriano, si rischia - secondo me - che possano essere più dannosi che altro. Gli uomini dell’Is sono sovvenzionati da gruppi estremamente ricchi, hanno armi e ultimamente anche abbastanza sofisticate e la loro avanzata - per esempio in Siria - è preoccupante anche perché stanno entrando in possesso di armi direttamente dell’esercito siriano… Quindi un intervento è positivo in Iraq sì, ma lì c’è un coordinamento con l’esercito iracheno e con le forze irachene; in Siria, per tutta una serie di ragioni è, invece, abbastanza complicato. Anche perché se ci si vuole, invece, coordinare con le forze ribelli nei confronti del regime di Assad, bisogna vedere con quali forze ribelli bisogna coordinarsi: quelle cui fa generalmente riferimento l’Occidente sono estremamente deboli in questo momento…

D. - Obama nella sua strategia contro l’Is su territorio iracheno e siriano trova l’appoggio - almeno - di 10 Paesi arabi; Mosca sottolinea che si tratta di una violazione del diritto…

R. - In Siria, se gli Stati Uniti dovessero attaccare con gli aerei, con i droni o con qualsiasi altro mezzo il territorio siriano è una assoluta violazione della sovranità nazionale di Damasco. Ma è ovvio che Assad, che sta conducendo da parecchio tempo la propria lotta contro il Califfato, vedrebbe con estremo favore gli attacchi americani, ma se coordinati con il governo di Damasco. Certo, qui ci sarebbe una nuova ulteriore legittimazione del governo di Damasco, che è stata tolta dagli Stati Uniti già da parecchio tempo.

D. - Il presidente francese Hollande a Baghdad dà appoggio al governo, ribadisce anche l’appoggio agli Stati Uniti contro l’Is e porta aiuti umanitari per la cittadina assediata di Erbil. E’ rappresentativo di tutto il ruolo dell’Europa? L’Europa in fondo c’è sul piano umanitario, ma non stiamo sentendo sul piano strategico un contributo particolare sulla crisi siriana…

R. - No, anzi! Il governo tedesco ha detto di non essere stato assolutamente invitato né consultato sulla questione siriana; i francesi e gli inglesi hanno detto di appoggiare la possibile azione statunitense, ma che - in ogni caso - non parteciperanno a questa azione. Quindi, ancora una volta, c’è un supporto da un punto di vista logistico, da un punto di vista umanitario, ma sul terreno l’Europa è totalmente assente! E, forse, dovrebbe essere invece presente…

D. - In tutto questo scenario qual è il ruolo dell’Iran?

R. - L’Iran ha un ruolo fondamentale, perché è anzitutto l’alleato più forte del governo di Damasco. Ci sono state delle dichiarazioni negli ultimi giorni in cui alti funzionari del governo iraniano hanno detto che con il governo americano al momento si sta parlando solo ed esclusivamente di questione nucleare e non di questione dell’Is o della Siria. Di certo il governo di Teheran non vedrebbe con favore e riterrebbe - così come Putin - l’attacco americano sul territorio siriano come una violazione del diritto internazionale, a meno che il governo americano non si copra le spalle con una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu: allora le cose sarebbe sicuramente diverse.








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