2014-09-13 14:00:00

L’Ecofin: “Sostenere gli investimenti per tornare a crescere”


Le misure concrete di sostegno agli investimenti sia pubblici che privati per rilanciare la crescita. È questo il tema al centro del vertice dei ministri dell’Economia e delle Finanze dei Paesi europei che si tiene oggi a Milano. Sempre nel capoluogo lombardo ieri è stata la volta dell’Eurogruppo che ha ribadito l'impegno “per ridurre le tasse sul lavoro”. Dopo pochi giorni dal nuovo taglio dei tassi di interesse, ormai al minimo storico, Draghi è tornato a chiedere riforme strutturali ambiziose. Sul nuovo corso intrapreso dall’Europa e l’attuale situazione dell’economia reale, Marco Guerra ha raccolto il commento dell’economista Giacomo Vaciago:

R. - Da luglio, quando è partita la nuova commissione con la nomina di Juncker, e nel corso del semestre a governo italiano, l’impostazione è stata quella che accomuna tutti i Paesi dell’Europa: per tornare a crescere bisogna fare riforme utili e soprattutto investimenti. E l’Italia, come il resto d’Europa, ha investito poco negli anni scorsi. La grande frenata della nostra economia e la cresciuta disoccupazione sono perché non abbiamo fatto investimenti, privati e pubblici. Allora, la commissione ha messo sul tavolo l’ipotesi che nei prossimi cinque anni ci siano 300 miliardi di euro in tutta Europa di maggiori investimenti pubblici. In più, il governo italiano, porta all’Ecofin, presieduto dal ministro Pier Carlo Padoan, un documento su come riformare la finanza per favorire la crescita, finanziando gli investimenti con strumenti alternativi a quelli del solo credito bancario - perché sono le banche che hanno chiuso i rubinetti del credito negli anni scorsi - quindi attivando mercati dei capitali efficienti, attingendo al risparmio dei fondi pensione con strumenti appropriati di gestione del rischio… E dunque c’è tutto quel discorso che Draghi ha fatto anche lui, tante volte, di usare meglio il risparmio privato per finanziare la crescita.

D. - Quindi la nuova commissione anche con le nomine di Katainen e Moscovici sembra creare un compromesso tra rigore e flessibilità: questa è la nuova linea?

R. – Il rigore da solo non serve a niente, serve solo a prendere atto che hai fatto degli errori in passato. Il messaggio è quello che c’è un’economia da ricostruire. Pensiamo a quante fabbriche italiane negli ultimi 5 anni hanno chiuso, è chiaro che in parte hanno chiuso perché erano scadenti, in parte hanno chiuso perché le banche non gli hanno dato credito, e in parte perché l’austerità era "tagliare, tagliare, tagliare". Ma un Paese non riparte con l’austerità: bisogna rimboccarsi le maniche e crescere. Questo ormai l’hanno accettato tutti. Attenzione: anche la Germania si rende conto che se noi andiamo male, loro non ci guadagnano, perché ci vogliono vendere i loro prodotti! E quindi dovremmo passare attraverso questa nuova fase dei cosiddetti “accordi contrattuali”, che sono stati evocati ieri dall’Eurogruppo: ogni Paese si impegna con gli altri Paesi a fare le riforme che servono. Questa è la teoria del “controllo reciproco”. Perché siamo sulla stessa barca e quindi siamo tutti interessati che gli altri facciano la loro parte.

D. - Ecco, intanto l’economia reale vede la deflazione, l’aumento della disoccupazione e il debito record, sia in Italia, che in Spagna. Volendo guardare alcuni aspetti positivi qual è la speranza?

R. - L’ottimismo nasce dal fatto che il resto del mondo sta crescendo e che anche da noi stanno incominciando ad arrivare investimenti altrui.

D. - In Europa è di buon auspicio il fatto che prima si parlava solo di rigore e di conti e adesso finalmente si parla di altre cose…

R. – La narrazione è migliorata, il linguaggio. I comunicati che sono usciti da Milano ieri e oggi erano improntati a obiettivi di crescita, di investimenti, di occupazione, perché questa è l’area dove è cresciuta la disoccupazione e non l’occupazione in questi anni. Quindi sicuramente la premessa per una svolta si è posta. Attenzione, che a questo punto, poi, occorre che alle belle parole seguano i fatti.








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