Torna a Roma il Festival di cultura ebraica, fino al 17 settembre

"What’s up family? Cosa succede, famiglia?” è questo il tema conduttore della settima edizione del Festival internazionale di Letteratura e Cultura ebraica, che si svolge a Roma fino a mercoledì 17 settembre, nel quartiere ebraico della capitale. Incontri letterari, mostre e dibattiti animano l’area dell’ex Ghetto, accanto a eventi enogastronomici e musicali. Francesca Sabatinelli ha intervistato Raffaella Spizzichino, una delle curatrici della kermesse assieme a Ariela Piattelli e Shulim Vogelmann:

R. – Il tema della famiglia viene affrontato in maniera molto originale da Ennio Morricone, che analizzerà le scene salienti del suo “C’era una volta in America” con Antonio Monda. Non tutti sanno che le famiglie di “C’era una volta in America” sono una italiana e una di origine ebraica. E quindi l’incontro verterà anche su questo parallelismo e sull’importanza di un valore, allora come oggi, fondamentale.

D. – Il tema della famiglia, quindi, analizzato anche, ovviamente, sotto il profilo religioso?

R. - Sì, esattamente. Martedì 16, alle 19:00, al Palazzo della cultura ebraica ci sarà un incontro importante dal titolo “La famiglia nella tradizione ebraica e cristiana” e il giornalista Piero Stefani, con il rabbino Roberto Colombo, si confronteranno sul diverso modo di intendere la famiglia nella Bibbia, cioè nella tradizione ebraica e nella tradizione cristiana. L’altro incontro che verterà sulla famiglia è quello intitolato “Fino all’ultimo boccone”, in cui Lara Crinò intervisterà Jami Attenberg. In questo incontro verranno fuori due aspetti fondamentali, quello della famiglia e quello del cibo. Quello del cibo è un altro degli elementi di questo Festival. Sotto il punto di vista enogastronomico, la tradizione ebraica è una tradizione ricca e legata strettamente alla città di Roma. Non tutti sanno che la comunità ebraica di Roma è una delle più antiche della diaspora. Gli ebrei sono a Roma da 2000 anni e molte delle abitudini alimentari romane sono dettate dalla tradizione ebraica. Due sono le mostre: una al Palazzo della cultura ebraica e si chiama “Vita di famiglia, la memoria delle immagini” e l’altra al Museo ebraico di Roma, dal titolo “Il teatro di Alessandro Fersen”. Alessandro Fersen è colui che ha portato il teatro yiddish in Italia e molti dei nostri comici si sono formati alla scuola di Alessandro Fersen.

D. - In questi giorni all’ombra del tempio maggiore parliamo di libri, musica, arte, incontri e anche danza, proprio l’ultima sera…

R. – Sì, per la prima volta, la danza contemporanea israeliana fa ingresso al nostro Festival. In passato, abbiamo avuto il teatro, la musica, il cinema e quest’anno avremo a Roma uno dei più grandi coreografi israeliani, Yossi Berg che, con Oded Graf, metterà in scena uno spettacolo che si chiama “Heroes” e che ha echi degli anni ’70. “Heroes”, infatti, viene ripreso proprio dalla canzone di David Bowie.

D. – Al di là di quelli che sono gli appuntamenti inseriti nel cartellone del Festival, comunque è sempre un modo di fare incontrare il pubblico romano, e non solo ma prevalentemente, con la cultura ebraica?

R. – Sì, è una sfida che ci siamo dati 7 anni fa e che stiamo vincendo. L’altra sera al Ghetto c’erano 20 mila persone: questo vuol dire che Roma è una città assetata di cultura ebraica e di questo siamo orgogliose.

D. - E qual è l’aspetto che più, a vostro giudizio, piace ai romani della cultura ebraico- romana?

R. – L’enogastronomia. C’è un forte interesse verso il cibo e verso le tradizioni culinarie romane ed ebraiche. E poi, la musica. Quindi vuol dire che è anche aperta a un tipo di musica non tradizionale.

D. - I giovani di religione ebraica in Italia come vivono la famiglia? Che tipo di famiglia c’è nella tradizione ebraica?

R. – La famiglia è il punto di partenza della tradizione. Fare figli è uno degli onori e quindi la famiglia rimane sempre un punto di riferimento per la crescita e per l’educazione della nostra popolazione.