2014-09-16 14:16:00

Il Papa in Albania, un missionario: "Qui i cattolici sono credenti a testa alta"


"Francesco viene per incoraggiarci a continuare il cammino di speranza che la Chiesa albanese sta compiendo ormai da molti anni, dopo la fine del comunismo". Luciano Levri, italiano, missionario marianista, da 12 anni impegnato nella città di Lehze, nel Nord-ovest dell'Albania, racconta speranze e attese della Chiesa locale alla vigilia del visita di Papa Francesco che giunge proprio per onorare i martiri del periodo in cui il Paese visse sotto l'ateismo di stato."C'è un'icona - spiega il missionario - che descrive bene la Chiesa che troverà il Papa. 

Tempo fa, con la mia comunità, partecipavo a una processione e, lungo la strada, un ragazzo che portava la croce, stanco di camminare, si è fermato ad ascoltare la lettura del Vangelo proprio su un bunker. I bunker militari, circa 800mila su tutto il territorio, sono infatti un'eredità del periodo filo-cinese del regime comunista di Hoxa. Allora una donna, vedendo quel giovane con la croce sul bunker, si è voltata verso una suora, l'ha abbracciata e baciata, e le ha detto: 'Guarda! Questa croce sul bunker è l'icona della Resurrezione. La vittoria della luce sulle tenebre, la vittoria dell'uomo nuovo, liberato, sottratto al fango della schiavitù. La vittoria di una Chiesa che uscita dalla persecuzione ha iniziato un cammino di speranza!'". "Ecco - commenta il missionario - in Albania la religione cattolica, a cui appartiene circa il 15% della popolazione, è soprannominata la 'religione dalla testa alta'. Questo perché, durante il regime, i cattolici non si sono lasciati piegare al potere; hanno riempito le carceri, i campi di concentramento, i cimiteri. Ma sono rimasti fermi nella loro fede e nella loro presenza a Dio. L'icona di questa croce sul bunker è dunque l'icona della resurrezione dell'Albania. E noi siamo contenti che Papa Francesco venga a incoraggiare questo nuovo cammino di speranza della Chiesa".

Luciano Levri, con i suoi compagni missionari, tra i quali il sacerdote padre Jesús Madinabeitia, marianista, lavora da anni per lo sviluppo sociale e lavorativo della gioventù albanese della zona di Lehze e in particolare per la scolarizzazione dei bambini della comunità rom locale. "Quando entro nelle case delle persone, nei villagi, e in particolare in quelle dei rom, che sono musulmani, vengo sempre accolto con un saluto che in lingua locale significa 'Che il Signore ti benedica!'. Certo, qui, cinquant'anni di comunismo hanno espropriato la dignità dell'uomo, creato la cultura del sospetto, rovinato la persona. Ma, dopo un lungo inverno di persecuzione - come diceva Giovanni Paolo II - è iniziata la stagione della speranza". "Il cristianesimo - spiega Luciano Levri - è una religione che è nata dal sangue di Cristo, si è diffusa con il sangue degli apostoli, ma continua a vivere oggi nel sangue dei martiri. E qui ci sono molti anziani, testimoni diretti dell'epoca del martirio, che vedono nella venuta del Papa la conferma che i loro sforzi, la loro fedeltà al Vangelo, finalmente danno i loro frutti e sono incoraggiati".  "Questi nostri anziani della terra albanese - spiega il missionario - sono come Simeone nel Vangelo e possono andare in pace ora che hanno visto la salvezza, e cioè la Chiesa in cammino verso il Vangelo".

Luciano Levri, con la sua parrocchia e la sua comunità di Lehze, sarà a Tirana domenica 21 per salutare Papa Francesco. "Saranno con noi gli insegnanti e anche alcuni studenti rom che, pur essendo musulmani, hanno voluto esserci. E noi siamo molto contenti. Li accogliamo senza alcuna volontà di fare proselitismo, ma per offrirgli una testimonianza di come la Chiesa lavora anche per loro. Siamo felici di portarli con noi e di mostargli come la Chiesa vive questo momento di speranza per l'Albania". "Questo - conclude il missionario italiano, cittadino onorario di Lehze - è un Paese che è stato ferito, ha perso volto, storia dignità. E tante volte l'aggressività o l'arroganza di qualcuno - per noi missionari - è una supplica velata di amore, di accompagnamento, di solidarietà. E' questo il senso del lavoro che facciamo con questi ragazzi". 








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