2014-09-24 11:00:00

Caravaggio, un'iconologia teologica da scoprire


La spiritualità di Caravaggio al centro di una conferenza organizzata oggi presso l’Abbazia di san Nilo a Grottaferrata. Tanti i falsi miti da sfatare come quello che vede in Michelangelo Merisi il prototipo dell’artista maledetto, lontano dalla Chiesa e dalla religione. “In Caravaggio c’è un’iconologia teologica tutta da scoprire”, spiega al microfono di Paolo Ondarza il relatore della conferenza Rodolfo Papa, docente alla Pontificia Università Urbaniana di Roma:

R. - Le forme artistiche, negli artisti del Rinascimento, come in quelli dell’epoca del tardo Rinascimento, del Manierismo, del primo Seicento, fino al Barocco hanno sempre un rifermento chiaro a dei significati. Quindi possiamo leggere i dipinti come se fossero dei testi scritti. Leggendo questi testi, possiamo rintracciare un significato compiuto, coerente e nel caso di Caravaggio di altissima teologia, questo anche a sfatare un po’ questa idea del “maledettismo” che per fortuna a partire dalla metà degli Anni ’80 si sta riducendo e diminuendo.

D. - Il prototipo dell’artista maledetto resta difficile da smontare e spesso viene, appunto, evidenziata questa condotta di vita dissoluta, piuttosto che l’aspetto legato all’interesse del pittore nei confronti del sacro, la sua vita spirituale …

R. - E infatti questo è il grandissimo problema. Abbiamo, purtroppo, in un’epoca mediatica come la nostra, la difficoltà di veicolare alti studi conoscitivi sugli autori: tanti elementi diventano più o meno legati al gossip della divulgazione, risultando, purtroppo, quelli più facilmente fruibili dal grande pubblico e in quanto tali rimangono impressi. Ma se poi noi andiamo a studiare in maniera analitica i testi, le storie, le biografie, scopriamo che molto spesso di queste cose c’è poco o nulla; spesso si tratta a volte di scontri tra fazioni culturali, politiche. Bisogna quindi saperlo leggere. Certo, Caravaggio era comunque un caratteriale, questo indiscutibile. Si è trovato coinvolto in fatti di sangue, questo è indiscutibile ma non è il solo, non è l’unico. Nella storia dell’arte ce ne sono tantissimi e anche famosi che però non hanno questa fama.

D. - Indiscutibile anche la spiritualità che comunicano le opere dipinte da Caravaggio. Questo non può che rispondere però anche ad un’interiorità dell’artista, non può essere qualcosa di completamente distaccato da chi queste opere le ha realizzate …

R. - Infatti questo è un punto fondamentale perché poi questo è il mio intento: se noi continuiamo a raccontarci che c’è una storia dell’arte dove gli artisti che hanno lavorato per la Chiesa, di fatto, erano quasi tutti atei o disinteressati, ma lavorando per la Chiesa facevano grandi capolavori - quindi creando questa distanza tra il prodotto finito che veicola brani di teologia, riflessioni, contemplazioni, catechesi e cosi via, questo crea dei grandissimi problemi anche alla teoria dell’arte contemporanea e soprattutto alla scelta nelle committenze degli artisti contemporanei, perché si dice: “tanto l’importante è che sia famoso, poi al massimo succede come con Caravaggio; uno che non era interessato alla Chiesa ma che ha prodotto dei capolavori”. Ma questo non è vero! È l’esatto contrario.

D. - Perché Caravaggio era credente, praticante?

R. - Noi abbiamo la testimonianza del fatto che Caravaggio pregava; partecipava addirittura alle Quarantore, era legato profondamene al giro degli oratoriani, era legato alla cultura pauperista, a San Carlo Borromeo, … Quindi un aspetto veramente molto diverso, un modo diverso di vedere la storia dell’arte. Per non parlare poi di tutte le dicerie che nel mondo scientifico sono letteralmente inesistenti circa la presunta omosessualità di Caravaggio. Nel mondo scientifico queste cose non esistono.








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